Nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù, proponiamo la lettura di questa meditazione da noi pubblicata nel 2017.

Charles de Foucauld aveva l’abitudine di raffigurare un cuore sormontato da una croce, così il libretto “Le Modèlle Unique”, doveva presentare il disegno in cima ad ogni pagina. Poi, a partire dal 30 agosto 1901, dopo l’ordinazione presbiterale e l’insediamento a Beni Abbès inizia le sue lettere con il disegno di un cuore sormontato da una piccola croce, spesso posto tra due parole: “Iesus Caritas”. Questo si ripete ancora in altri scritti, ad esempio nelle pagine iniziali dei Règlements et Directoire per le sue comunità. Cosa voleva significare frère Charles con quel disegno?

La risposta spontanea può essere: come gli innamorati disegnano cuori con le iniziali della persona amata, così egli voleva esprimere la sua passione per l’Amato. È plausibile. Queste due parole, Iesus Caritas, sono state scelte da Charles de Foucauld nella settimana in cui prese la decisione di diventare prete-eremita – poi piccolo fratello – del Sacro Cuore di Gesù, perché gli servissero in futuro come motto, sigillo ed emblema (lettera a Huvelin, 16 maggio 1900). Per Charles quel cuore vuole esprimere tutta la bruciante tensione salvifica del Cristo nei confronti dell’umanità, tale era l’insegnamento ufficiale della Chiesa e ben custodita dalla pietà popolare: I.N.R.I. (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum); I.H.S. (Iesus Hominum Salvator). Possiamo ritenere, dunque, che il significato del disegno volesse ricordare a frère Charles e a chi leggeva, che Gesù nel suo ardente amore ci ha amato fino alla follia di finire sul patibolo più infame e per questo il suo nome completo è “Dio Salva è Amore”. Quindi, quel piccolo logo, come oggi verrebbe chiamato, condensa e manifesta l’amore viscerale di Dio per ogni uomo. A conferma di questa interpretazione vogliamo riportare un altro brano di Charles:

Uno dei soldati con una lancia gli aprì il costato e subito ne uscirono sangue ed acqua” (Gv 19,34). Quanto ci ami, o cuore di Gesù! Non ti è bastato contenere dentro di te tutti gli uomini, tutti questi uomini così ingrati durante tutta la tua vita; hai anche voluto essere loro aperto ed essere ferito per essi dopo la tua morte; hai voluto portare esternamente questa ferita come segno del tuo amore, come segno che il tuo amore è sempre aperto a tutti i viventi, è sempre pronto ad accoglierli, a perdonarli, ad amarli… Con questa apertura spalancata, tu chiami eternamente tutti gli uomini a credere nel tuo amore, ad avere fiducia in esso, a venire a te, per quanto sozzi essi siano. A tutti, a tutti, anche ai più indegni, il tuo cuore è aperto; per tutti, per tutti è stato trafitto! Tu ami tutti i viventi, tu li chiami tutti a te, tu offri a tutti la salvezza fino all’ultima ora, al loro ultimo momento… ecco quel che ci dici, quel che ci gridi eternamente con questa bocca spalancata del tuo cuore! (Opere spirituali, 730).

La sua fu una grande devozione al sacro Cuore, non possiamo negarlo, ma più che di devozione dobbiamo parlare di un amore profondo con uno spessore profondo, biblico e teologico. Tuttavia, il sentimento giocava la sua parte. L’amore al cuore di Cristo, in frère Charles, affondava le sue radici negli anni dell’infanzia ed era legato a colei che considerava la sua seconda madre, a sua cugina Marie de Bondy. Quando egli, bambino passava le vacanze presso i Moitessier, seguiva sua cugina, più grande di lui, nella chiesa del paese e pregava davanti alla statua del sacro Cuore, che i suoi parenti avevano regalato alla parrocchia. Significativo il fatto che l’immagine del sacro Cuore sull’altare di Tamanrasset sarà l’esatta riproduzione di quella statua. Ancora alla cugina deve lo sviluppo di questa devozione: «Grazie di tutto cuore per la casula che volete farmi… Cercate di farla tutta bianca, eccetto il cuore rosso, con la sua piccola croce bruna, le fiamme intorno alla croce che emerge dal Cuore ed i raggi gialli tutt’intorno: fate un Cuore che irradia; deve irradiare su tutta questa povera terra, su coloro che amiamo e su noi stessi!… La parte tutta bianca sarà un po’ soggetta a sporcarsi, ma la grande semplicità e la purezza del bianco sono così belle che ripagano il resto: solo il cuore e i suoi raggi, pertanto, siano colorati; e più spiccheranno meglio sarà… senza oro, comunque, per amore della Santa Povertà […] Altri hanno contribuito, e soprattutto il padre Huvelin, a farmi del bene in diverse cose, ma la devozione al Sacro Cuore la debbo solo a voi, assolutamente, per grazia di Dio» (lettera a Marie de Bondy, 20 settembre 1900).

Il 6 giugno 1889, cinque mesi dopo il ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa, Charles si consacrò al sacro Cuore nella basilica parigina di Montmartre. Che l’amore all’umanità di Cristo, ben sintetizzato in questa devozione, trovasse in Charles de Foucauld un animo aperto ad accoglierlo è comprensibile sia per il clima che si respirava nella Chiesa di Francia, sia per il grande sviluppo di questa devozione, che in quegli anni vedeva il massimo splendore. Qualche mese prima di essere ucciso Charles de Foucauld aveva scritto queste righe che riassumono il suo cammino di fede: accoglienza della salvezza di Dio manifestatasi in Gesù di Nazaret e le conseguenze necessarie per ogni discepolo: «Amare il prossimo, cioè tutti gli esseri umani come noi stessi, è fare della salvezza degli altri e nostra, l’opera della nostra vita, amarci gli uni gli altri come Gesù ci ha amato, è fare della salvezza di tutte le anime l’opera della nostra esistenza, dando se occorre, il nostro sangue per lui, come ha fatto Gesù».

Una sintesi sorprendente della pietà di frère Charles e le intuizioni particolari della sua fede la troviamo in una meditazione del 1905: «Il riassunto di tutta la religione è il mio Cuore: il mio Cuore la cui vista vi ricorda l’amore che Dio ha per voi, e l’amore che voi dovete rendere a Dio; amare è voler bene a qualcuno: Dio vi ama fino a volere per voi il suo possesso, il suo possesso nel tempo e nell’eternità, con l’Eucaristia quaggiù, con la beatitudine lassù; vuole che voi eternamente possediate lui stesso, siate trasformati in lui e in qualche modo deificati: è questo amore di Dio per voi, infinito per il bene infinito che vi vuole, che vi ricorda dapprima il mio Cuore».

All’amore di Dio che si dona l’uomo è chiamato ad accogliere e rispondere. L’accoglienza coinvolge il cuore e, quindi, all’Amore si risponde altrettanto con l’amore. «È per me un esigenza d’amore il donarmi».

Fratel Oswaldo jc