Tabgha, l’attuale denominazione della zona lacustre dove sono i santuari della moltiplicazione dei pani e dei pesci e del primato di Pietro, deriva dall’antico nome greco Heptapegon, “luogo delle sette fonti”, perché lì sgorgano varie sorgenti che danno vita a ruscelli che si gettano nel lago. Nel Vangelo il luogo si chiama probabilmente Ma-Gadan, “acque di Gad” o “acque della felicità” (Pixner, Galilea quinto vangelo, p. 29).

SANTUARIO DELLA MOLTIPLICAZIONE

Iniziamo dal primo santuario che, con ogni probabilità, sorge sui campi d’erba verde dove Gesù fece sedere a gruppi di cento e di cinquanta i suoi ascoltatori e li rifocillò con i cinque pani e i due pesci moltiplicati in abbondanza, tanto da sfamare oltre cinquemila persone. Ne avanzarono anche dodici ceste!

È interessante che questo miracolo venga riportato da tutti gli evangelisti, i quali concordano anche nei particolari, pur usando fonti diverse (Mt 14,13-21; Mc 6, 32-44; Lc 9,10-17; Gv 6,1-15).

Il primo santuario in ricordo dello strepitoso miracolo sorse alla fine del IV secolo. Lo attesta una moneta dell’imperatore Onorio databile tra il 395 e il 408. Come riferisce padre Loffreda, nel suo “I santuari di Tabgha”, la moneta fu trovata nelle fondazioni di questa chiesa nel 1970. Di tale chiesa parla anche Egeria: “C’è anche, al di sopra del mare, un prato erboso con molto fieno e molte palme e lì accanto le sette sorgenti, delle quali ognuna fornisce una grande quantità di acqua. In quel prato il Signore ha sfamato il popolo con cinque pani. La pietra sulla quale il Signore posò i pani, è stata trasformata in altare… Lungo le mura della chiesa corre la pubblica strada sulla quale l’apostolo Matteo aveva il posto di dogana” (da Pixner,…, p.35).

Nel periodo bizantino, al posto della piccola chiesa, fu innalzata una basilica a tre navate con accanto un monastero. Oggi di essa rimangono gli stupendi mosaici che, recuperati, si possono ammirare nella chiesa attuale.

Il santuario bizantino cadde in rovina con l’occupazione araba. Fino agli anni 30 del secolo scorso non si hanno molte notizie che lo riguardano. Nel 1932 iniziarono gli scavi e nel 1936 comparvero i preziosi mosaici, tra i più belli tra quelli rimasti nella Terra del Santo. In quell’anno iniziò anche la costruzione della chiesa attuale. Nel 1956 sorse il monastero benedettino.

La chiesa attuale, in stile romanico e con pietre non locali, ricalca il perimetro della chiesa bizantina. Sotto l’altare, accanto alla pietra citata da Egeria, c’è il piccolo ma notissimo mosaico con il cesto dei pani e i due pesci.

Accanto alla chiesa passava la Via Maris, mentre poco lontano si trova la località di Dalmanuta (Mc 8,10) un ottimo luogo per ritiro e ancora più in là si vede Tel Kinneret con i suoi ruderi. Era il centro più importante della tribù di Neftali e fu distrutto dal Tiglat Piliser III nell’invasione assira del 733 a.C. Ci fu ancora qualche tentativo di ricostruzione ma in epoca ellenistica la collina fu abbandonata definitivamente e il nuovo villaggio, con il nome ellenizzato in Genesaret, sorse nella pianura di Ginnosar, a circa 200 mt. dal Tel.

SANTUARIO DEL PRIMATO

Qui la tradizione cristiana ha ambientato il capitolo 21 del Vangelo di Giovanni, uno dei più belli e vivaci del Nuovo Testamento, quello della pesca miracolosa dopo la Risurrezione, della colazione sulla spiaggia preparata dal Maestro e il dialogo serrato con Pietro che cancella, con la triplice attestazione di amore sofferente, la triplice negazione che ancora lo opprimeva. E con il perdono c’è la conferma del suo servizio nella Chiesa.

La prima citazione di questo luogo si trova ancora in Egeria che ha visto “dei gradini di pietra sopra i quali il Signore stette”. Quelle che ancora possiamo vedere oggi scendere dalla Chiesa nel lago (quando non è basso come in questi anni di siccità). La pellegrina non parla di chiesa sul luogo. Dagli scavi fatti da padre Loffreda nel 1969 però si può ritenere che tra la fine del IV e l’inizio del V secolo vi sorgesse una chiesa i cui muri perimetrali in pietra basaltica sono ancora visibili.

Un documento dell’808 parla di questa chiesa custodita da un sacerdote e due chierici.

Con la sconfitta dei crociati la chiesa viene distrutta. Quella che conosciamo è stata costruita nel 1933 sulle fondazioni di quella antica. Al suo interno si trova la roccia su cui Gesù, secondo la fede popolare, avrebbe preparato la mensa per i discepoli. Da qui il nome di “Mensa Christi”. Qui si sono inginocchiati Paolo VI (“Ecco il vero Vaticano!” avrebbe esclamato) nel 1964 e Giovanni Paolo II nel 2000.

Questo è uno dei luoghi sul lago dove, in certi momenti, si può fare esperienza di autentica contemplazione.

fratel Alvaro