In un recente intervento sulla Vita consacrata, padre Bruno Secondin, carmelitano e docente di Teologia spirituale, ripercorre magistralmente quanto il Concilio Vaticano II dice sulla “speciale consacrazione” dei religiosi e delle religiose, e fa emergere che nel profondo rinnovamento ecclesiale del Vaticano II anche la vita consacrata ha conosciuto una potente sollecitazione all’aggiornamento.

Quindi, sostiene, tornare a una lettura attenta dei testi rilancia il coraggio dell’invenzione carismatica e della fedeltà creativa (cfr. Ritrovare il soffio carismatico, in “Testimoni”, gennaio 2013/1).

Al Concilio – afferma p. Bruno – era arrivata una lunga e autorevole tradizione che considerava la vita religiosa nella prospettiva di “stato di perfezione”, con un alone di oggettiva superiorità rispetto al matrimonio e rispetto alla vita “secondo i precetti”. Mentre dentro il Concilio premeva una nuova mentalità che, oltre a rifiutare la concezione di stato di perfezione, insisteva nel negare qualsiasi sostanziale differenza tra i cristiani. Quello che per secoli era stato monopolio dei religiosi, doveva invece considerarsi elemento impegnativo per tutti: sequela, consigli evangelici, primato del Regno, radicalismo, beatitudini, ecc.

Nessuna superiorità, dunque, ma una «vocazione universale alla santità» tanto per citare il passaggio celebre della Lumen gentium 40. Una delle grandi conquiste della vita cristiana in genere e della vita consacrata in particolare è quella di passare da quella che veniva concepita come una “vita di perfezione” all’altra, più adatta ai nostri tempi, come una “vita di conversione”. Infatti, «anche per i religiosi non c’è evangelizzazione senza la disponibilità a lasciarsi evangelizzare, diventando trasparenza evangelica, vivendo in profondità il primato di Dio e valorizzando la fraternità».

Credo che a distanza di 50 anni (e anche oltre) nessuno possa negare i notevoli apporti che frère Charles e la Fraternità nel suo insieme hanno apportato alla Chiesa in tema di vocazione alla santità non solo per tutti i cristiani ma, addirittura, per tutti gli uomini. E per quanto riguarda la vita consacrata non è facile dimenticare quella “rivoluzione” operata da piccola sorella Madeleine di Gesù prima, e padre René Voillaume dopo: portare la vita religiosa al di fuori delle mura dei conventi per diventare “come il lievito nella pasta” e inserirsi “nel cuore delle masse umane” non era così semplice e scontato prima del Concilio come invece lo è per noi.

«Tuttavia – concludendo con padre Secondin – una vera recezione del Vaticano II nella vita consacrata non si può limitare ai testi espliciti del Concilio. I grandi principi ispirativi e orientativi che di fatto sono stati capaci di trasformare la vita cristiana in maniera veramente nuova, valgono anche per la vita consacrata. Non solo il ritorno della centralità della Parola di Dio e della liturgia, ma anche la lettura aperta dei segni dei tempi, lo stile dialogante con il mondo, la corresponsabilità ecclesiale di tutti, l’opzione preferenziale per i poveri, il nuovo sentire sociale, ecc. L’elenco delle novità sarebbe infinito. Si tratta di sviluppi nati dall’interno della prospettiva conciliare, ma che hanno allargato gli orizzonti della vita consacrata e i suoi temi in maniera prima imprevista. È il caso del carisma, della profezia, della rifondazione, della fraternità, dell’inculturazione, della corresponsabilità, dei legami fra gli istituti, della ricerca teologica, della partecipazione dei laici ecc. E la comune radice battesimale non ha forse prodotto esperienze di nuovi modelli di famiglia ecclesiale? La novità dello Spirito non è esaurita e il compito dei religiosi e delle religiose è tutt’altro che compiuto».

Il primato della Parola, della Liturgia e la condivisione fraterna è parte costitutiva, in modo particolare, del nostro itinerario quaresimale.

 

Fratel Oswaldo