Carlo Carretto rappresenta per la chiesa uno di quei profeti che hanno pagato di persona le proprie scelte, le proprie prese di posizione contro corrente, senza paura di dire sempre la propria opinione, anche di fronte ai potenti e ai “superiori” di ogni specie: la sua posizione dentro la GIAC nel momento in cui si prendeva una precisa direzione politica e la sua posizione al momento cruciale e delicato per la storia italiana del referendum circa la legge sul divorzio, ne sono due esempi. Le scelte intraprese in tali ed in altre occasioni lo hanno reso un personaggio “scomodo”, prima osannato all’ennesima potenza, poi schiacciato da un giudizio pesantissimo proprio da parte di molti di coloro che seguono il maestro che disse, tra l’altro, “non giudicate…”. Ma che rapporto aveva Carlo con la Chiesa? Ci lasciamo ancora illuminare dalle parole di fratel Gian Carlo nella sua introduzione al libro-autobiografia “Innamorato di Dio”:

«Verso la Chiesa il suo atteggiamento sembra caratterizzato, specie nell’ultimo periodo, da un rapporto di forte tensione: “Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo!… Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanto scandali, eppure mi hai fatto capire la santità”. Ma bisogna capire fratel Carlo. Il tono non è quello dell’amante che pur deluso non può fare a meno dell’amata, ma a ben vedere, è sempre il cuore del figlio che parla perché, anche sul letto di ospedale, gli sta a cuore la sposa bella, quella per cui Cristo ha dato la sua vita.

Essa è vista per l’azione dello Spirito, senza macchia perché il male “non ha potuto toccare la profondità metafisica” della sua realtà più vera e nascosta; perché da sempre è amata “di amore eterno” e senza pentimento. Amare la Chiesa vuol dire crederla santa in Cristo, non chiudendo gli occhi davanti al suo continuo bisogno di pentimento ma credendo sempre che Lui è capace di trasformare le ossa aride in rigoglio di vita, perché solo Lui è in grado di fare nuove tutte le cose, soprattutto i nostri cuori: “è questo l’ambiente divino della Chiesa”. L’ecclesiologia di Carlo Carretto è perciò profondamente cristologica, radicata nell’amore verso Gesù, l’amico, “il più grande e sicuro che ho”, guardando sempre a Lui, il solo punto certo “del nostro povero orizzonte”.

Questa visione della Chiesa non è “misticheggiante”, ma sviluppata concretamente a partire dalla persona dei vescovi in un contesto storico definito e con una sottolineatura di cattolicità che proprio la sua esperienza ecclesiale nella GIAC prima e i viaggi pieni di respiro missionario compiuti come dirigente dopo, gli conferiranno in modo maturo. Una visione dunque sacramentale della Chiesa, senza infingimenti e connivenze con il potere, vista realisticamente come luogo della fedeltà di Dio, ma anche come luogo della tentazione (“Innamorato di Dio. Autobiografia”, pp. 19-20).»