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Nei giorni scorsi si è svolta una due giorni biblica a Betlemme, organizzata dall’Associazione Sabeel con l’obiettivo di formare animatori biblici per dare vita a gruppi di studio sul Vangelo nelle diverse realtà ecclesiali della Terra Santa.

L’idea è quella di far sentire ai cristiani l’esigenza di confrontarsi con la Scrittura, un desiderio importante che si scontra con la difficoltà comune di soffermarsi a leggere e meditare la Parola di Dio. Per questo hanno pensato di avviare tale progetto e il primo passo è stato quello della due giorni alla quale sono stato invitato.

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Si è rivelato un forte momento di comunione tra le diverse chiese e i diversi riti presenti sul territorio. Guardandoci un po’ attorno ci siamo resi conto di essere un gruppo composito e ricco: erano presenti cristiani di Zababde, Burqin, Nazaret, Al-Rene, Bet Sahour, Betlemme, Gerusalemme, Tubas, e altri villaggi. Cristiani latini, melkiti, maroniti, ortodossi, siriani, copti, protestanti, tutti uniti dal medesimo desiderio di approfondire la conoscenza della Bibbia.

Particolarmente toccante è stato il racconto di un giovane che vive a Tubàs, un villaggio in cui sono presenti 50 cristiani in mezzo a circa 5000 musulmani. Un’esperienza commuovente di fedeltà al vangelo anche se inseriti in una realtà in cui si è una piccolissima minoranza, con tutte le difficoltà che questo comporta.

Abbiamo potuto condividere la preoccupazione per il futuro di tanti giovani che sono sul punto di decidere se rimanere o partire, che chiedevano consigli anche ad un “abouna” come me, straniero venuto anche a prendere parte alle loro sofferenze. Abbiamo inoltre condiviso le differenti sensibilità di chi rigetta l’appartenenza ad una società come quella palestinese a maggioranza musulmana, nella quale si sente discriminato e allo stesso tempo rifiuta la possibilità di riconoscersi nell’altra parte, quella israeliana, dalla quale si sente oppresso e allo stesso modo discriminato. Oppure l’esperienza di chi ha scelto di vivere a Gerusalemme Est con la possibilità di avere un “lascia passare” israeliano per avere quanto meno la possibilità di viaggiare in altre nazioni.

IMG-20160305-WA0012Di fronte a questi racconti ci si sente piccoli e impotenti, ma si ha quanto meno la gioia di farsi vicini ai problemi veri della gente.

Esperienza di tutt’altro tipo è quella di Sima, una donna di Gerusalemme che, attraverso il centro culturale Al-Liqa’, ha fondato un gruppo di riflessione su temi sociali e religiosi aperto a giovani cristiani e musulmani che tentano di conoscersi nel reciproco rispetto e nel superamento delle barriere culturali.

Gli interventi sono stati di efficacia diversa ma soprattutto ricchi di differenti sensibilità ecclesiali e religiose. Hanno parlato un prete cattolico, abouna Jamal, rettore del Seminario Patriarcale latino, un parroco ortodosso, abouna Ata’ Allah e una suora cattolica, sister Virgin, responsabile dell’ufficio catechistico diocesano. Ha chiuso sister Sider con una bella riflessione sulla donna nel Vangelo di Luca. Sister Sider è la cofondatrice della stessa associazione di Sabeel e, attraverso la sua testimonianza, ci ha lasciato la passione per la lettura del Vangelo fondata sui valori dell’accoglienza, della tolleranza, della convivenza tra popoli in conflitto, sullo sfondo della Teologia della liberazione palestinese.

Un’esperienza davvero indimenticabile, nella quale ho potuto fare una full immersion nella lingua e nella cultura araba, dove la parte più importante è stata, come accennato, il confronto e la comunione con fratelli e sorelle che pagano sulla loro pelle l’appartenenza a Cristo e alla Chiesa. Abbiamo molto da imparare e con questo atteggiamento vogliamo continuare ad essere loro compagni quanto meno nella preghiera.

fratel Marco jc

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