Da www.umanesimocristiano.org

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Siamo troppo abituati a identificare la figura del Male con Satana e questi con l’immagine dantesca del «diavolo brutto e cornuto», personaggio non biblico emerso successivamente dall’incontro tra il messaggio cristiano e la cultura ellenistica e quindi la mitologia greca.

Infatti il famoso «diavolo» che ha fortemente plasmato l’immaginario collettivo prende ispirazione da Pan, divinità mitologica che viveva nella foresta, brutto per natura e che emetteva un suono spaventoso, e così trovarselo davanti o sentirlo urlare infondeva angoscia. Da qui l’etimologia del termine «panico», paura, terrore. Qualcuno usa l’espressione «pandemonio»!

15 cafarnao (2)-001In effetti, se in tutta la Scrittura non vi è traccia del «cornuto», del Male esistente fin dalla creazione del mondo se ne parla quasi in ogni pagina. Altre sono le raffigurazioni di quella forza che si oppone al bene, all’amore e allo stesso Dio. La prima immagine è quella del serpente antico che ingannò Adamo ed Eva, altrove lo spirito del male è raffigurato con un drago, e addirittura appare infiltrato tra gli angeli di Dio, e via dicendo; mentre nel Nuovo Testamento lo vediamo opporsi a Gesù e al suo vangelo in diverse occasioni e con differenti rappresentazioni. Il «tentatore» davanti a Gesù nel deserto non è descritto con un volto in particolare, ma come «spirito». L’ultima tentazione arriva al momento della crocifissione: «Se tu sei Figlio di Dio, salva te stesso e anche noi», dice il ladrone al Messia crocifisso. «Siate temperanti, vigilate, il vostro nemico il diavolo, come leone ruggente, va in giro cercando chi divorare» (1Pt 5,7-8). Ma la raffigurazione meno comprensibile è la parola di Gesù a Pietro quando questi si oppose all’idea che il Maestro doveva soffrire molto: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mt 16,23). Qui «Satana» sta ad indicare «avversario», «accusatore». Povero Pietro!

Una prima conclusione è che il Male non è possibile raffigurarlo in un modo preciso e tanto meno identificarlo soltanto con le immagini e cose brutte. Possiamo dire che è presente ogni volta che si tenta di deviare il cammino indicato da Dio o, soprattutto, ogni volta che si tratta di sostituire Dio con qualsiasi altra cosa, fosse anche apparentemente buona. Ciò che è opposto a Dio si chiama idolatria. A questo punto possiamo immaginare ogni possibile realtà che allontana l’uomo dall’Amore: la ricchezza, la fama e il potere sono le tre cause classiche secondo il messaggio delle tentazioni/insidie contro Gesù nel deserto. Oggi potremmo parlare di edonismo, sete di dominio, sete di apparire… Tuttavia non possiamo in partenza escludere niente e nessuno, dal momento che ogni cosa e ogni tentazione che ci allontana dall’unica cosa necessaria ci fa cadere nella rete del Male. Così possiamo pensare al lavoro, al divertimento, le cose che possediamo, le nostre priorità che diventano assolute e, per dirla con Carlo Carretto, «persino la Chiesa può diventare idolatria».

L’idolatria non solo è il culto di altri dèi, l’adorazione di statue o spiriti occulti, ma la sostituzione del Creatore con le sue creature. E la peggiore, o meglio ancora, la radice di ogni idolatria è il proprio io: «Al posto di Dio ci sono io». «Non è Dio che crea me, ma sono io che creo Dio».  La nostra cultura postmoderna e postcristiana ha appiattito ogni cosa mescolando, scambiando e spesso identificando il sacro con il profano. Così si fa presto a dire – come ho letto in una pubblicazione in internet – che Abramo era un povero matto con forti disturbi psichici che ha seguito la voce del suo «amico immaginario»… E ragionamenti di questo tipo ne troviamo ovunque. La secolarizzazione ha plasmato nell’uomo moderno un pensiero lontano dallo spirito genuino del vangelo, e molte volte nemmeno il cristiano è risparmiato da una mentalità pagana. Non è difficile assistere a dei comportamenti che esprimono chiaramente una testimonianza antievangelica.

CIMG3154Quando non si serve la Chiesa ma ci si serve di essa; quando si vive in essa «non solo da peccatori ma anche da corrotti» (papa Francesco); quando si guarda ad essa come a una istituzione umana qualsiasi… persino la Chiesa può diventare idolatria… E già, «Solo il Signore tuo Dio adorerai, a lui solo ti prostrerai», è la risposta decisa di Gesù al tentatore, indicandoci così l’antidoto contro ogni forma di idolatria: l’obbedienza a Dio. L’intero arco della vita terrena di Gesù è stato segnato dal mistero dell’obbedienza. Dalle prime parole di Gesù adolescente ritrovato a Gerusalemme tra i dottori, «non sapevate che devo dedicarmi alle cose del Padre mio?», fino alle ultime sulla croce, «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito», tutta la sua vita è stata un fare «non la mia, ma la tua volontà». Egli stesso ha detto «il mio cibo è fare la volontà del Padre» (Gv 4,32-38). E «si fece obbediente, fino alla morte, e alla morte di croce» (Fil 2,8).

L’obbedienza a Dio, l’obbedienza alla Chiesa, l’obbedienza in genere è indissolubilmente legata alla fede. «Solo il credente è obbediente e solo l’obbediente crede veramente» (D. Bonhoeffer). Quando non si crede per amore, per «volontaria e umile sottomissione» tutto diventa una imposizione e una privazione della libertà. L’obbedienza a Dio è la strada più sicura verso la gioia, la pace e per farla breve la gioiosa libertà.

«Signore, tu mi scruti e mi conosci», confessa umilmente il salmista (Sal 139). «Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore, vedi se percorro una via di menzogna». Quest’ultimo passaggio è stato tradotto dai biblisti anche con una «via di dolore», «di idolatria», «di iniquità». E ognuno potrebbe aggiungere dei termini secondo la propria sensibilità, o meglio secondo la propria sincerità: una via di falsità, una via di comodità spirituale, una via di vita spirituale quanto basta. Oppure con papa Francesco potremmo seriamente interrogarci: vedi se vivo in uno stato di mondanità spirituale.

fratel Oswaldo jc