In diverse occasioni abbiamo avuto modo di evidenziare il legame della comunità con san Giuseppe. Ed è stato proprio questo gigante della fede ad accompagnarci durante i giorni del capitolo. In ogni fraternità è presente una sua immagine e soprattutto non manca mai  un posto per lui nel cuore di ogni fratello e sorella. La grandezza di quest’uomo di Nazaret sta ovviamente nel fatto di essere il padre di Gesù, vero padre dato che fu vero sposo di Maria la Madre di Gesù.

Dio chiese tuttavia a Giuseppe di essere padre in un modo unico e misterioso, ma reale. Vi sono poi ulteriori motivi che rendono caro il padre e sposo della Santa Famiglia a noi piccoli fratelli e piccole sorelle di Jesus Caritas. Tra queste ragioni vi è senz’altro il fatto che possiamo definire san Giuseppe come il primo contemplativo sulle strade del mondo. Leggiamo infatti nell’esortazione apostolica Redempetoris custos di Giovanni Paolo II: “L’apparente tensione tra la vita attiva e quella contemplativa trova in lui un ideale superamento, possibile a chi possiede la perfezione della carità. Seguendo la nota distinzione tra l’amore della verità (caritas veritatis) e l’esigenza dell’amore (necessitas caritatis), possiamo dire che Giuseppe ha sperimentato sia l’amore della verità, cioè il puro amore di contemplazione della verità che irradiava dall’umanità di Cristo, sia l’esigenza dell’amore altrettanto puro del servizio, richiesto dalla tutela e dallo sviluppo di quella stessa umanità” (27). Amore per Dio e servizio all’umanità in Giuseppe si sono quindi fusi in modo mirabile grazie alla perfezione della carità alla quale era giunto.

Egli dunque guardando Gesù contemplava il Padre anche tra le impegnative esigenze della vita; continua infatti il papa: “I Vangeli parlano esclusivamente di ciò che Giuseppe fece; tuttavia consentono di scoprire nelle sue azioni, avvolte nel silenzio, un clima di profonda contemplazione. Giuseppe era in quotidiano contatto col mistero nascosto da secoli che prese dimora sotto il tetto di casa sua” (25). Bellissima quest’ultima espressione perché ci introduce nell’infinito amore di Dio Padre che volle che il suo Unico Figlio venne ad abitare in una casa normale, di un paese normale in cui vivevano persone normali. La normalità di Giuseppe e l’amore di Dio da lui accolto divenne esistenza straordinaria di fede e carità, infatti “San Giuseppe è il modello degli umili che il cristianesimo solleva a grandi destini: San Giuseppe è la prova che per essere buoni e autentici seguaci di Cristo non occorrono «grandi cose», ma si richiedono solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere ed autentiche” (24).  Forse è proprio la semplicità di San Giuseppe che qualche volta lo fa dimenticare a coloro che sono tentati di cercare il Signore solo nei grandi avvenimenti.

fratel Roberto