Con l’arrivo del bel tempo anche l’Abbazia di Sassovivo si riveste dei suoi peculiari colori, suoni e silenzi naturali. Il ritmo della vita fraterna assume un aspetto più dinamico a motivo del passaggio di numerosi visitatori, famiglie, gruppi e amici vari. Chi vi arriva per la prima volta, di solito, si lascia invadere dalla bellezza naturale-selvaggia del sito e dalla presenza imponente e solenne del complesso abbaziale. Colpisce anche l’interno dell’edificio per i suoi ampi spazi – pochissime celle perché la regola primitiva dei monaci prevedeva i dormitori comuni – e le mura spesse in pietra massiccia. Chiunque potrebbe pensare che abitare in questo luogo rappresenta soprattutto un lusso. Tuttavia non è stato sempre così, anzi si trattava di uno di quei luoghi “cari” a Charles de Foucauld e a piccola sorella Magdeleine che chiedevano ai loro di «andare là dove nessuno vuole andare».

Da libro copiaQuando nel 1979 arrivarono i primi piccoli fratelli, dopo circa due secoli di abbandono e di saccheggi a danno del monastero, non esisteva nemmeno la strada percorribile con le macchine e ci si arrivava solo a piedi, seguendo l’antico sentiero dei monaci. Dopo il primo periodo di fondazione (XI-XIV sec.) per opera dell’eremita Mainardo e il raggiungimento del massimo splendore con la presenza di una comunità numerosa, subentrarono i Benedettini del Monte Oliveto che rimasero fino agli inizi dell’Ottocento. È facile intuire lo stato in cui si trovava l’abbazia quando, su richiesta del vescovo di Foligno, mons. Siro Silvestri, i Nostri vi si stabilirono per dare inizio alla rinascita di una storia gloriosa. Come succede spesso, la presenza di poche «pietre vive» fa cantare persino i sassi.

A distanza di circa quattro decenni possiamo costatare serenamente che Sassovivo ha recuperato una parte consistente del suo antico splendore e della sua importanza, quale centro di spiritualità a servizio della Chiesa locale e di tutti. Tra le difficoltà più rilevanti affrontate, segnaliamo il prolungato periodo dei lavori post terremoto 1997 e quindi il disagio che tuttora comporta. Tuttavia si fa finta di niente e si va avanti, cercando di accogliere chi bussa per ogni sorta di richiesta, dalla visita guidata fino agli incontri di spiritualità o le celebrazioni liturgiche. Ultimamente stanno aumentando anche le fruizioni di carattere culturale, che a malincuore dobbiamo rinviare il più delle volte in attesa di tempi migliori.

Un aspetto cui teniamo tutti, Vescovo e Fraternità, in primis, è la necessità di salvaguardare la vocazione primaria dell’Abbazia di Sassovivo, ossia essere «luogo dello spirito». La presenza oggi della Fraternità si pone in continuità con la lunga impronta dei monaci che hanno dato priorità alla vita spirituale prima di ogni altra attività. È chiaro che, per il fatto di vivere in un monastero e di indossare un abito bianco durante le celebrazioni liturgiche, è facile essere considerati dei monaci; tuttavia questo è uno degli aspetti di «discontinuità» rispetto alla tradizione passata in quanto, seguendo le intuizioni di frère Charles, non abbiamo una vocazione specifica se non quella di cercare di vivere il Vangelo nella quotidianità, indipendentemente da luoghi e modalità; ogni «fraternità» poi ha le porte aperte per accogliere «giudei, cristiani, musulmani, non credenti» e chiunque abbia il desiderio di sostare all’ombra dell’abbazia.

IMG_0023 copiaIn questa cornice di «sosta per lo spirito», potremmo fare un lungo elenco di persone che sono passate da qui, trovando giovamento per la propria spiritualità e spesso anche per la vita. Per esempio molti sono venuti per vivere un vero e proprio discernimento vocazionale o perché dovevano valutare una decisione importante da assumere; giovani fidanzati, prima delle proprie nozze, hanno trascorso qui una settimana in preparazione e preghiera; sacerdoti che hanno trascorso un «anno sabatico» o un lungo periodo di sosta pastorale per rinvigorire il proprio cammino spirituale e le proprie motivazioni sacerdotali. Inoltre alcuni cardinali e non pochi vescovi tuttora fanno un “Pit-stop” a Sassovivo, legati a noi da vincoli di profonda stima. Tra i casi più recenti vogliamo ricordare due giovani presbiteri: Paulo Terroso, portoghese della diocesi di Braga, divenuto un nostro «fratello esterno» per il legame d’amicizia che si è instaurato. Paulo è il nostro fornitore ufficiale di Porto, vino «“doc”, non quello che vendiamo ai turisti», dice lui!

E il secondo è Nando Capone, prete della diocesi di Lecce, che ha trascorso un «anno pastorale» con noi e che proprio in questi giorni ha ricevuto la visita del suo vescovo, mons. Domenico D’Ambrosio, accompagnato da don Massimiliano, che hanno comunicato al proprio confratello gli impegni pastorali che lo attendono dopo l’estate. Si conclude così nella gioia, la permanenza del nostro amico Nando, presenza provvidenziale in quanto ci ha raggiunto in un momento «un po’ fiacco» per la nostra fraternità, a causa della salute cagionevole dei fratelli. Ora, ognuno per la propria strada, può continuare la personale sequela del beneamato Gesù.

fratel Oswaldo jc

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