Da un po’ di giorni mi sta passando per la mente di dedicare un post ad un aspetto fondamentale della vita cristiana che è la preghiera. Sono un po’ titubante perché su questo argomento si sentono dire e si dicono molte, troppe, banalità.

Sono d’accordo con chi afferma che per imparare a pregare bisogna innanzitutto iniziare a pregare. Ma è pur vero che abbiamo, anche in questo caso come del resto in molti altri ambiti della vita, bisogno di qualche indicazione, di qualche significativa esperienza e di qualche buon maestro.

Non sono certo io uno di questi, ma mi piace condividere alcuni pensieri e alcune riflessioni a partire da quanto ho scoperto nella mia vita. Anzitutto la preghiera è come la fede: un cammino. Come in ogni relazione esiste un inizio, si muovono i primi passi, ci si conosce, si cresce, si matura, ci si confida e si arriva ad una pienezza. Così è per la preghiera.

DSC_0208L’inizio però non coincide con il momento in cui diciamo la «prima preghiera». Forse potremmo collocare il primo passo nel momento del battesimo, per lo meno per coloro che lo hanno ricevuto da neonati. In ogni caso è nel battesimo che Dio stesso prende dimora in noi e, attraverso lo Spirito Santo, inizia ad esprimersi quel dialogo d’amore, quel grido che non ci abbandonerà più e che incessantemente ripete «Abbà, Padre!». Paradossalmente nel momento iniziale c’è già il riflesso di una pienezza perché nel giorno della rigenerazione spirituale, il volto di Dio si rivela in modo più pieno in quello di ogni figlio.

Di lì in poi la preghiera si fa ricerca, quindi silenzio, ascolto, presenza, parola. E più è autentica e più si comprende che si tratta di una scoperta più che di una conquista. La scoperta che appunto Dio abita dentro di noi, che esiste un luogo nel più profondo del cuore nel quale Dio solo è il vero inquilino. Se si scopre questo luogo interiore, nel quale abita la pace, nel quale palpita l’Amore, si può custodire un autentico spirito di preghiera e vivere ogni istante rispondendo a quell’appello di Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi (5,17) che ci sembra molto spesso sopra le normali possibilità umane: «Pregate incessantemente!»

La preghiera però si nutre di un cibo spirituale (in senso forte) del quale non è possibile fare a meno: la Parola di Dio. Mi è capitato di notare che spesso veniamo attratti da libri e libercoli dei quali ci serviamo per pregare. Possono essere di aiuto, ma non possiamo dimenticare che la prima fonte del nostro parlare con Dio è la stessa sua Parola. Egli ci mette in bocca le DSC_0028parole da dire perché «non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente» (Rm 8,26); abbiamo bisogno di capire quali siano le parole da dire a Dio, un ospite così illustre, un compagno così importante! Non qualunque parola è preghiera, come non qualunque frase costruisce un dialogo. Lentamente si impara il linguaggio, si amplia il vocabolario, si interiorizzano i contenuti e i sentimenti si convertono.

Ma c’è un altro elemento di cui la preghiera non può fare a meno. È la vita. La vita parla di Dio, e nella vita si parla con Dio. Ogni volta che fuggiamo da essa, ogni volta che pensiamo alla preghiera come ad un rifugio che ci tenga separati dal resto del mondo, fuggiamo dalla preghiera stessa. Se è vero che la Parola si è fatta carne, allora significa che la Parola è dentro la nostra carne, è nella nostra quotidianità apparentemente banale. Lì Dio ha posto la sua dimora. Tutto ci può parlare di Lui se rimaniamo in ascolto. Anche i nostri errori e i nostri peccati. La ricerca di una presunta santità e di una possibile perfezione come prerequisiti della preghiera puo’ essere addirittura un ostacolo perché si attende un momento che, durante questa vita, non arriverà mai.

Le cadute, i tradimenti, i passi falsi, gli sbagli, tutto questo rientra nel nostro cammino spirituale, non è escluso da esso. In questo modo possiamo avere la consapevolezza che nulla è estraneo a Dio e che nulla, «né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,37-38).

IMG_20160727_082406La preghiera non è un patrimonio esclusivo dei cristiani, ma è presente in tutte le esperienze spirituali, magari in altre forme e con altre modalità. Riporto qui la preghiera che mi ha condiviso una mussulmana durante le mie visite ai malati in ospedale. Si chiama Nasira (e come secondo nome ha scelto “Aida”, in onore del compositore Giuseppe Verdi), storica dell’arte, molto sensibile ad ogni esperienza autenticamente spirituale e che, in un dialogo avuto con lei, ha riconosciuto con estrema semplicità e con grande chiarezza che in fin dei conti «Dio è amore». Lei stessa ne è l’autrice:

«O Dio, concedimi una conoscenza che sia dalla tua conoscenza, e un parlare che sia dal tuo parlare; una misericordia che sia dalla tua misericordia e una forza che sia dalla tua forza; una volontà che sia dalla tua volontà e una bellezza che sia dalla tua bellezza. Amen, o Signore del mondo».

Non mi illudo. Non ho scritto qualche cosa di nuovo o di minimamente esaustivo. Il cammino di preghiera dell’uomo non finisce mai e ogni volta siamo chiamati a demolire l’immagine di Dio che ci siamo costruiti perché Egli è sempre «oltre». Fino a quel giorno in cui la preghiera si farà definitivamente Presenza e Amore, il giorno in cui lo vedremo «faccia a faccia» (1Cor 13,12), «così come Egli è» (1Gv 1,2).

fratel Marco jc