Il 12 marzo scorso, alla vigilia del quinto anniversario dell’elezione al Soglio pontificio di papa Francesco, si è tenuto a Gerusalemme un interessante convegno, organizzato dalla Custodia di Terra Santa, su uno dei temi che stanno più a cuore all’attuale papa e del quale ha trattato ampiamente nell’enciclica Laudato Sii, data 24 maggio 2015, solennità di Pentecoste.

Racconta un detto midraschico che un gruppo di persone si trovavano su una stessa barca. Una di esse iniziò a scavare un buco sotto il suo sedile. Gli altri, allarmati e risentiti, sono intervenuti dicendogli: “Cosa stai facendo?!”. Ed egli rispose: “Ma cosa vi interessa? Io sto scavando sotto il mio sedile!”

Questo detto riassume bene la preoccupazione di fondo che sta al cuore della trattazione di simili argomenti. Ormai non possiamo più esimerci dal prendere sul serio la questione ecologica e la cura della casa comune.

L’assemblea era formata da molti religiosi, laici, e numerose altre persone appartenenti alle diverse tradizioni religiose: mussulmani ed ebrei.

Cinque le relazioni previste al convegno. La prima, della dottoressa Beatrice Guarrera, giornalista e collaboratrice per il sito web della Custodia di Terra Santa, ha riassunto molto chiaramente ed efficacemente i contenuti della stessa enciclica, mettendo sul tavolo i principali temi trattati da papa Francesco nell’itinerario proposto dalla Laudato Sii.

Il secondo intervento, forse il più atteso dalla maggioranza dei partecipanti, affidato al card. Peter Tukson, prefetto del Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale, ha affrontato la questione dell’ecologia, della salvaguardia del creato e dello sviluppo integrale, nel magistero dei papi. Il cardinale ha messo in evidenza come tale questione non sia un messaggio esclusivo del solo papa Francesco: essa è stata affrontata da diversi papi a partire da Leone XIII fino al papa emerito Benedetto XVI.

Mons. Turkson ha spiegato in modo efficace che «il deserto che si sta espandendo è espressivo del deserto interiore che si espande nel cuore delle persone». La questione ambientale dunque trova le sue radici nel cuore e in questo senso non può che essere affrontata in una visione integrale che comprenda la relazione tra Dio e gli uomini, tra gli uomini e i fratelli e le sorelle, tra gli uomini e la creazione, secondo la visione di papa Francesco.

La sfida è molteplice e abbraccia: l’indifferenza verso il grido lanciato dalla creazione e dai poveri (un unico grido secondo il sentire del papa); l’esclusione dei più emarginati; la disuguaglianza tra gli uomini e tra le diverse regioni del mondo; la mancanza di solidarietà tra le persone. A queste sfide si risponde con la cultura della solidarietà e della comunione.

Il terzo intervento è stato quello del prof. Muhammad S. Dajani Daoudi, direttore e fondatore di Wasatia, Accademic Graduate Institute ed ha avuto come tema: Unendo le mani nella tradizione Abramitica giudeo – cristiana – islamica per proteggere Madre Terra. La sua stessa esperienza portava una testimonianza di comunione e rispetto dell’altro. Wasatia è una associazione nata con l’intento stimolare a trovare un compromesso nella questione che coinvolge la Palestina e Israele da lunghissimi anni. Un giorno, dal balcone della sua abitazione, adiacente ad un ceckpoint controllato dagli israeliani, assistette ad una scena molto particolare. Era un venerdì del mese di ramadan e un folto gruppo di palestinesi si recarono al ceckpoint per poter passare in territorio israeliano e poter andare a pregare alla spianata delle moschee. Erano senza permesso da parte delle autorità di Israele e la situazione stava degenerando quando notò un comportamento insolito. Dopo vari minuti di tensione i soldati israeliani e il gruppo di palestinesi arrivarono ad un compromesso: i soldati fecero arrivare alcuni pullman e caricarono i pellegrini accompagnandoli alla spianata e riportandoli indietro dopo la preghiera. Questo fatto lo convinse che un compromesso era possibile se cercato e perseguito con determinazione e senza lasciarsi coinvolgere da posizioni politiche volte all’esclusione dell’altro. Nel 2014 poi, ha accompagnato ventisette studenti palestinesi ad Auschwitz per aiutare a comprendere il dolore dell’altra parte in causa nella questione israelo-palestinese. Questo gesto gli è costato la perdita del lavoro come pure minacce e ritorsioni da parte di estremisti.

Nel suo intervento ha sottolineato l’espressione di papa Francesco laddove afferma che «noi non siamo Dio». L’uomo non ha dunque il diritto di usare la creazione per soddisfare i propri istinti. Ha poi spiegato alcuni versetti del Corano che parlano di questo argomento, mettendo in evidenza come il concetto di equilibrio sia tra i più importanti nel libro sacro dell’Islam. In questo senso ha reso chiara la visione che accomuna le tre religioni abramitiche: Dio crea la terra e conferisce all’uomo il diritto ma anche la responsabilità su di essa obbligandoci a custodirla e difenderla.

Il prof. Daoudi ha inoltre onestamente affrontato la questione culturale che coinvolge soprattutto il mondo arabo e che porta a non curarsi a sufficienza del bene comune, a partire dal rispetto e della pulizia dell’ambiente in cui si vive, salvaguardando gli spazi comuni.

Concludendo ha poi auspicato un maggior dialogo e una maggiore conoscenza tra le fedi per affrontare insieme, unendo le mani, al fine di affrontare in modo più efficace le sfide contemporanee dell’umanità.

Il quarto intervento è stato affidato al rabbino David Rosen, Direttore internazionale degli affari interreligiosi, che ha trattato delle prospettive giudaiche su un’Ecologia Integrale. Il rabbino Rosen ha fatto anche parte della commissione bilaterale tra la Santa Sede e lo Stato di Israele, oltre ad aver ricoperto molti altri importanti incarichi.

Nella sua relazione ha messo in evidenza i punti salienti del pensiero giudaico che, come sappiamo, corrispondono perfettamente alla visione cristiana: la creazione appartiene a Dio ed ha il suo culmine nella celebrazione del sabato. La berakà (“benedizione”) è il mezzo per riconoscere tale Signoria di Dio. Nella tradizione giudaica, prima di mangiare un frutto o di bere dell’acqua si dice una benedizione che richiama i contenuti delle parole che il sacerdote dice durante la presentazione delle offerte nella celebrazione eucaristica. Il secondo punto afferma che l’umanità è partner di Dio per la creascita della creazione: mantenere, sostenere, promuovere il nostro mondo è il compito affidato all’uomo. Di conseguenza la terza affermazione, presa dal talmud, riprende l’umana responsabilità nella proibizione di distruggere qualunque cosa. Questo è il principio fondamentale per l’ebraismo dal punto di vista etico. Proibire la distruzione significa prendersi cura del creato e rispondere alla Signoria di Dio. Le cose possono essere usate per il bene dell’uomo e i suoi bisogni, ma sempre ricordando che la terra è di Dio. Il sabato e la legge del giubileo affermano con chiarezza questi principi.

Nella mistica giudaica poi si arriva a riconoscere la presenza di Dio in ogni cosa. Il legame con la spiritualità cristiana in generale e francescana in particolare qui è lampante.

Nel dibattito seguito al suo intervento ha riportato un insegnamento midrashico: quando qualcuno viene a te chiedendo la carità è proibito dire che Dio provvederà; devi comportarti come se Dio non esistesse.

Il quinto ed ultimo intervento, a cura del prof. Stefano Zamagni, professore dell’Università di Economia di Bologna, membro della Pontificia Accademia di scienze sociali, ha trattato di misericordia e sviluppo integrale dell’uomo.

Il prof. Zamagni vede nel passaggio dal mercato locale al mercato globale, un’opportunità che potrebbe dare nuove potenzialità ad uno sviluppo più equo e integrale. C’è una filosofia americana che afferma che la politica deve garantire la libertà per ogni individuo. Ma la libertà di scelta non garantisce all’uomo l’effettiva possibilità di scegliere ciò che desidera e ciò che è bene, perché non ne ha le materiali possibilità, cioè le risorse che gli permettono di operare quella scelta.

Ha sottolineato alcuni punti fondamentali difesi dalla Laudato Sii. La riduzione della povertà e lo sviluppo integrale sono due facce della stessa medaglia. In secondo luogo l’ecosistema deve essere considerato come un bene comune globale. Esso deve essere per tutti e raggiungibile da tutti e non deve essere raggiunto a discapito di nessuno.

In tale costesto risulta essenziale il concetto di misericordia anche trattando di ecologia e di sviluppo integrale. Tale concetto richiama il grembo, le viscere materne e conduce a perdonare che significa dare generosamente. É necessario recuperare il valore della fraternità che non è solo sinonimo di solidarietà, come la misericordia non è solo sinonimo di tolleranza.

Stefano Zamagni ha concluso il suo intervento con una espressione di William Blake (poeta e pittore inglese): «ho cercato la mia anima e non l’ho trovata; ho cercato Dio e non l’ho trovato; ho cercato il fratello e ho trovato tutto gratuitamente».

Come diceva mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, questa era la dodicesima iniziativa sulla Laudato Sii proposta in Terra Santa. Ci auguriamo che questi molteplici incontri possano servire anzitutto a conoscersi e, come diceva il prof. Daoud, ad unire le mani per costruire e salvare, insieme, il nostro mondo, rispondendo al grido delle generazioni future.

fratel Marco jc