Ospitiamo volentieri questo articolo di Giorgio, Gessica e Samuele, una giovane famiglia, amica di lunga data che ha trascorso alcuni giorni a Sassovivo qualche mese fa. E’ un regalo grade riconoscere nelle loro parole l’immagine di ciò che vogliamo essere…

Conosciamo i Piccoli Fratelli di Sassovivo da diversi anni. La prima volta li abbiamo incontrati nel 1995 quando facemmo una esperienza spirituale estiva con il gruppo giovani di Vicenza nel quale eravamo inseriti.

Finché il terremoto non danneggiò l’Abbazia di Sassovivo, ripetemmo l’esperienza estiva ogni anno. Tra noi, Giorgio e Gessica, che al tempo eravamo una coppia di giovani fidanzati, e la comunità dei Piccoli Fratelli è nata, anno dopo anno, una bella amicizia. Via via che il tempo passava, ci sentivamo sempre più legati a loro e, ovviamente, anche al bellissimo luogo di pace dell’Abbazia di Sassovivo. Così, negli anni che seguirono il terremoto, non potendo più  l’abbazia ospitare gruppi numerosi, tornammo da soli a fare delle visite alla Comunità. L’ultima volta (a parte una veloce visita di passaggio nel 2005) fu all’inizio di gennaio del 2002: sentivamo il desiderio di rivedere i nostri “speciali” amici,  di trascorrere qualche giorno in tranquillità con loro, di prenderci del tempo per riflettere.

Poi … poi la vita inserisce la quarta marcia e… ci siamo sposati, abbiamo abitato all’estero, siamo tornati in Italia …

Sono passati quasi dieci anni. Il desiderio di tornare è sempre stato molto forte. Ma, travolti dagli eventi, dalle sconfitte personali, dalla fatica di ricominciare a costruire di nuovo qui in Italia una vita, avevamo lasciato passare troppi anni. Eravamo consapevoli che chi ci stava intorno non poteva capire ciò che avevamo vissuto, non poteva capire che eravamo cambiati. Tutti pretendevano che la nostra vita qui ricominciasse da dove era rimasta quando eravamo partiti; noi però non potevamo e non volevamo rinnegare la nuova identità acquisita, e questo ci portava sempre più a chiuderci e isolarci. Nel tentativo di rimettere insieme i pezzi del mosaico, proteggere quello che eravamo diventati e trovare una nuova via da percorrere, presi dai nostri sforzi, abbiamo involontariamente “perso per strada” i nostri amici Piccoli Fratelli. Loro che forse, tra i pochi, non ci avrebbero giudicati. Come porre rimedio ad un lungo silenzio? Con che faccia tornare? Il problema era farsi coraggio: dopo tanti anni, sarebbe bastata  una telefonata?

Sì, è bastato “giusto chiamare” per sentire che eravamo ancora e sempre i benvenuti, per avere la sensazione che il tempo trascorso dall’ultima visita si fosse dissolto.

Ora però le cose sono diverse, siamo una famiglia con un bimbo di quattro anni: Samuele. Volevamo tanto che Samuele vedesse quei luoghi, conoscesse le persone, ma d’altro canto sapevamo che la vivacità di un bambino di quattro anni non si sposa bene con il ritmo di vita di una comunità spirituale.  Invece, con nostra somma gioia, Samuele è diventato per qualche giorno la mascotte dei Piccoli Fratelli e si è affezionato a loro moltissimo.

Il primo giorno, a dire il vero, noi due eravamo un po’ irrigiditi dal timore di recar disturbo; ed è stato proprio Samuele a sciogliere le preoccupazioni di mamma e papà: ha cercato di stare alle regole che gli abbiamo chiesto di osservare, ha partecipato a dei momenti di preghiera e poi, messo al centro dell’attenzione da tutti i Piccoli Fratelli, è esploso nella sua gioia di sentirsi grande ed importante.  E così sono trascorsi quattro bellissimi giorni. Abbiamo rivisto Assisi (ringraziamo la innumerevole quantità di presepi che ci ha consentito di intrattenere il bambino per due giorni consecutivi), abbiamo visitato Perugia, ma, soprattutto, abbiamo rivissuto i momenti caratterizzanti della vita fraterna dei Piccoli Fratelli: i momenti di preghiera comunitaria e i momenti di vita  condivisa.

Samuele si è portato a casa un particolare ricordo dei momenti della cena tutti insieme: tante persone … gli sembrava una grande festa! Si è innamorato del “Castello” (che sarebbe l’Abbazia) con quelle scale magiche di pietra e le porte basse e strette. Era diventato l’ombra di Giancarlo: «… mamma, voi andare pure, io salgo in ascensore con Giancarlo …». Con i nostri amici di Sassovivivo lui stava proprio bene, tanto da continuare a chiedere durante le nostre visite ad Assisi e Perugia: «Mamma, papà quando torniamo dai Piccoli? Cosa stanno facendo adesso i Piccoli? Andiamo là anche noi, dai…!»

Anche per lui sono diventati degli amici “speciali”. Alla domanda «Perché Samuele vuoi tornare dai Piccoli Fratelli, cosa ti piace di loro?» Lui ha risposto; «Mi piacciono loro, perché loro mi chiedono delle cose, mi fanno delle belle domande (che per lui significa intelligenti) e mi ascoltano quando rispondo. Tante volte quando parlo i grandi non mi ascoltano, mi chiedono le cose e poi non ascoltano le mie risposte. Loro invece sono speciali: stanno attenti a quello che dico». Di sicuro una risposta che oltre a rendere merito ai Piccoli Fratelli palesa quanto poco importanti e poco presi sul serio si sentano a volte i bambini e quanto siano consci che a volte le domande degli adulti altro non sono che degli stupidi convenevoli.

Insomma, a Samuele  i Piccoli Fratelli piacciono perché loro l’hanno fatto sentire speciale, importante. Tutto ciò che è avvenuto in quei giorni per lui è stato speciale. Alla gente racconta «Io ho quattro anni e ho festeggiato i quattro anni anche con i Piccoli (come tutti li conoscessero). Osvaldo mi ha messo la candelina che fa i fuochi d’artificio sul dolce e tutti i Piccoli mi hanno cantato “Tanti auguri”. Ti pensi?!»

Pensiamo che il modo migliore per descrivere quanto siamo stati bene e quanto ci siamo “sentiti a casa” sia il commento finale di Samuele, la domenica mattina appena svegliato quando gli abbiamo detto che sarebbe stato l’ultimo giorno:

«Voi andate. Venite a prendermi domenica prossima, io rimango qua con i Piccoli e vado a dormire in camera con Franklin”»

Per congedarci, ci affidiamo di nuovo alle parole dette da Samuele quando ha salutato i Piccoli fratelli: «Ciao, ciao, torno per i cinque».

Grazie cari amici per averci accolti a braccia aperte dopo tanto tempo, senza pregiudizi, senza pretese. Grazie per averci teso la mano… ci avete aiutato ad imboccare la strada per uscire dal nostro guscio.

Con tutto il nostro affetto,

Gessica e Giorgio

 

LA COMUNITÀ DEI PICCOLI FRATELLI  VISTA ATTTRAVERSO GLI OCCHI

DI SAMUELE

Samuele racconta ai nonni.

Della comunità e di Giancarlo

Ti spiego: «I piccoli sono una famiglia piena di uomini, non c’è neanche una donna. Giancarlo è il capo dei Piccoli e per loro è anche come un papà. Per me invece è come un nonno. Lui mi ha fatto fare delle cose speciali: mi ha fatto salire sulla sua poltrona, siamo andati in ascensore insieme solo io e lui, poi mi ha chiamato vicino a lui durante la messa e mi accarezzava la testa. Lui mi piaceva tanto perché voleva sapere tante cose di me.

Di Giancarlo e Osvaldo

Io ho mangiato vicino a Giancarlo, nel posto di Osvaldo. Ti pensi? Giancarlo è il capo dei Piccoli e ha voluto me vicino anche se quello era il posto di Osvaldo. Mi ha voluto lui sai?! E Osvaldo è stato buono mi ha lasciato.

Di Leonardo

Leonardo è sempre serio, ma con me sorride sai. Lui con me scherza. Facevamo un giochino: se io gli dicevo la parola magica “seciaro” lui mi lasciava passare.

Di Osvaldo

Osvaldo è il più simpatico ed è un po’ matto: mi ha fatto bere anche il vino; è peggio del nonno! Lui mi sorride sempre e mi ha mostrato tante cose. Abbiamo provato a vedere i cinghiali con il cannocchiale, ma non ne abbiamo visti.

Di Franklin

Franklin è il più giovane. Lui mi sorrideva sempre e mi sembra caro e buono. È grande e grosso ma è coccolone.

Di Giovanni Marco

Lui è sorridente ed è bravo: insieme a Franklin aiuta tanto, lava i piatti, prepara la tavola…

Di Jonathan e Piero (Samu è un osservatore):

Lo sai, Jonathan arrivava sempre quando arrivava Piero, e andava via quando andava via Piero con la stessa macchina. Prendevano la giacca e andavano via insieme. Ti spiego io perché, io l’ho capito: Piero è il papà di Jonathan.

Di Gabriele

Io volevo sapere quanto lunghe erano le gambe di Dio, e quanto grandi i suoi denti. Tutti mi avevano detto di chiedere a Gabriele perché lui sapeva rispondere. E sai cosa mi ha risposto? Che non lo sapeva perché non l’ha mai visto. Però ha sentito i suoi passi in giardino.

Di Paolo

Anche Paolo diceva cose interessanti. É lui che preparava la cena e il pranzo, come la mamma a casa nostra. É il più coraggioso: Giancarlo ha detto che quando Paolo era giovane ha vissuto da solo all’abbazia per un po’ di tempo. Abitava lì da solo anche d’inverno, anche se era tanto freddo e c’era solo una stufa in cucina. Ti pensi?! In quel castello gigantesco da solo, e non ha avuto paura!

Samuele