Negli incontri quotidiani con il Signore Gesù, l’adorazione occupa un posto molto importante. Certo si tratta di un incontro difficile.

Raramente riesco a farla bene, spesso sono occupato e preoccupato da mille cose, sovente pigro, altre volte stanco…

Molte volte mi accorgo che in questa situazione di stanchezza e debolezza anche il tempo dell’adorazione rimane solo un tempo di desiderio e di preparazione… la vera adorazione la farà lo Spirito santo, pregando in me misteriosamente, come dice san Paolo. Stando così le cose e senza lasciarmi prendere dallo scoraggiamento, devo impegnarmi a fare bene l’adorazione e perciò prima di tutto devo prepararmi.

Non devo aver paura di impiegare parecchio tempo. Prepararsi vuol dire già entrare in adorazione, perché prepararsi significa già amare. È una fatica questa preparazione: vuol dire separare le cose di Dio dalle mie cose, la luce dalle tenebre e così via… Non sono fatto a scompartimenti stagni, a cassettoni… vado avanti a «miscela».

C’è tutta una regola per questa preparazione, ma credo che la cosa migliore sia innanzi tutto fare il taglio col peccato.

Sono davanti al Signore come il pubblicano, testa bassa e penso… a tutto quello che mi separa da Dio. Tante mie miserie le conosco, altre ci sono e le conosce solo lui. Vorrei piangere i miei peccati, difficilmente ci riesco, ma non li voglio, non li voglio

Chiedo perdono, scongiuro Gesù di aiutarmi, di guarirmi, di correggermi.

Tante volte mi sento rinnovato.

Questi sentimenti e questi atti di volontà m’avvicinano a Gesù con fede viva.

Certo non devo illudermi, forse così ho tolto l’affetto al peccato, ma ce ne vorrà del tempo e della pazienza per fare piazza pulita di tante sozzure!

L’amore poggia sulla fede. Senza questo piedistallo l’amore non regge. Certo la fede viva è dono del Signore ma qualche volta esige una mia collaborazione.

Se mi fermo a pensare un po’ alle prove d’amore che m’ha dato Gesù, non posso fare a meno di avere fede viva.

Delle volte mi aiuta – per alimentare questa fede viva – recitare una preghiera litanica, piano, scandendo le parole; ricordare le date care della mia vita, le grazie e le croci datemi dal Signore. Ancora: leggere adagio, adagio, alcune frasi del vangelo.

E, così sono «attrezzato» per amare, perché l’adorazione è solo questo: amare! E amare non è dire, è dare! Non tante  parole, anzi, è bene fermarsi spesso, parlare poco, per non raccontare frottole al Signore. M’offro a lui, dico a lui che mi aiuti a non prenderlo in giro, che io dia veramente.

E lo ripeto, lo ripeto, sotto tante forme e anche senza parole. «Adorare» è almeno «guardare», «guardare con amore». Allora sto lì, lo guardo.

A volte è facile fissare la mia attenzione su ciò che devo fare. A volte è meno facile.

Ma il Signore, credo, è contento. Penso: potrei anche mettermi a leggere il giornale o fare qualche altra cosa di piacevole; no, invece sto qui, non mi muovo, sto qui per te, voglio farti vedere che ti amo; sono stanco,  qualche volta pure annoiato e disgustato (è triste, ma è vero!)… ma ci sono e t’amo Gesù!

Piccole cose per una grande cosa.

E che l’adorazione sia un grande incontro, un incontro importante, lo posso costatare presto: basta sia perseverante!

Ne sento il bisogno, sento la testa cambiare, m’accorgo di diventare più paziente, silenzioso, ordinato, più discreto nel giudicare i fratelli e gli avvenimenti… più desideroso di scappare nel «deserto» per incontrare e ascoltare il Signore.

È proprio così! Se scopro l’adorazione, per necessità di cose, o presto o tardi, sento il bisogno del ritiro e il perché, credo, sia questo: comincio ad amare, a riflettere. Quando comincio a darmi al Signore comincio a capire che debbo darmi di più: l’adorazione porta alla riflessione, la riflessione migliora l’adorazione. La contemplazione ha questi due perni: adorazione e ritiro cioè amore e riflessione.

Però il ritiro devo svolgerlo senza preoccupazioni: è una prova d’amore! Dimostrare al Signore che lo amo, che è tutto per me, che lui solo conta, che lui solo vale, che la mia vita è totalmente per lui.

Bisogna che vada al ritiro con gioia, se no è meglio lasciarlo: è infatti un giorno di riposo ai piedi del Signore, è un giorno intero di incontro con lui, direttamente con lui.

Il ritiro è l’antiveleno della mia superficialità, il fondamento della mia vita spirituale, m’aiuta a essere spiritualmente «quadrato».

La vita spirituale da quasi «sport» comincia a diventare veramente una vita, un fondo novo e solido di me stesso è la scelta definitiva di Dio.

Certo tutte queste «riflessioni» possono anche essere un grosso errore… Adorazione e ritiro sono tutt’altra cosa! Certamente non atti distinti da elencare…

Se vado da una persona cara e mi fermo qualche ora con lei, non posso fissare sentimenti e atti, ordinarli, provocarli… è un assurdo! Ma sarò naturale e sostanzialmente farò solo questo: le esprimerò il mio amore. La guarderò, le farò festa, prenderò parte a quanto dice e desidera, tutto teso su di lei: occhi, orecchie, cuore… Sì, mi interessa solo lei, quanto lei dice e quanto fa, nient’altro che lei.

L’adorazione e il ritiro sono questo incontro!

Nell’amore di Gesù!

fratel Gian Carlo