È tradizione consolidata che un’agenda aperta accolga i visitatori nella cripta dell’abbazia di Sassovivo. Non è certo raro trovarvi appuntate frasi sul silenzio e la pace percepita fra queste pietre, ma nel 2016 questo genere di commenti è risultato straordinariamente dominante. Solo a titolo di esempio:

– Grazie per il senso di pace che queste mura trasmettono

– Grato della sosta di preghiera e della pace offertami

– Momenti di pace e serenità. Luogo veramente di pace e preghiera

– Ritrovo sempre un po’ di pace di cui ho estremo bisogno

– È un luogo magico pieno di Spirito e di pace

– Un invito al silenzio e all’incontro con l’Infinito

– È un piacere immergersi in un connubio di natura e spiritualità in una pace che rasserena gli animi

– La pace del Signore abbonda in questa Valle. Benedetto sia il Signore

– C’è pace e frescura per tutti

– Pace, serenità, quiete. Un dono inaspettato
Mi permetto di leggere tra le righe un bisogno di pace più profondo, che va oltre il fondamentale e positivo senso di quieto ristoro favorito dall’ambiente, dal silenzio e che si apre all’anelito dello shalom, come pienezza e unità nelle relazioni con Dio, con gli altri, con la natura che ci circonda.

Mentre nel mondo si continuano a finanziare guerre e si getta benzina sui focolai di morte, l’uomo dal silenzio grida la sua sete di pace (Thirst for peace, era il titolo del 30° incontro di preghiera e dialogo interreligioso lo scorso settembre ad Assisi).

Pace, diviene allora l’oggetto della nostra preghiera a Dio, perché colmati di shalom nel nostro cuore possiamo divenire anche noi fontana zampillante di pace per il prossimo:

– Vi chiedo preghiere per la conversione dei nostri cuori immersi nella frenesia della città

– La pace di Cristo regna qui e regni anche nei nostri cuori

– La pace e il silenzio presenti in quest’abbazia riempiano i nostri cuori

– Pregate perché questo spirito mistico di pace e bellezza avvolga tutto il mondo

– La pace di questo luogo possa espandersi… su di noi tutti, sulle nostre case e sulle città

– Da pacem, Domine, in diebus nostris

– Pace per tutto il mondo!

Così ci rendiamo conto che shalom chiama in causa sempre l’Altro, non è mai riducibile alla condizione psicofisica individuale del fantomatico ed idolatrato benessere: «entriamo nella pace entrando nell’amore di Dio; l’uno e l’altra sono indissolubilmente legati» scriveva frère Charles. Accogliere il Suo amore è il primo segreto della pace, che Lui – il Principe della pace – è venuto a portarci. Un segreto scovato e impresso nelle cinque parole di una donna:

«Dio mi ha accolto: grazie».

E lo shalom riguarda e si estende alla relazione con gli altri. Anche sotto questo aspetto dovremmo poter dire «io mi sento accolto da questa famiglia, da questa comunità, da questa città; io rischio e scelgo di accogliere voi che siete altro da me». Sì, perché nelle relazioni non si danno terze vie «bisogna scegliere: solidali o solitari» (Raoul Follereau).

La violenta tentazione di fuga nelle complicate relazioni con gli altri – shalom non è assolutamente una condizione irenica e rilassata – rivela il tentativo di nascondere l’inquietudine della vita, che invece è segno peculiare della nostra umanità. Nel mondo di oggi, scrive Susanna Tamaro,

«l’inquietudine non ti è concessa perché è uno stato che produce domande e le domande richiedono risposte e, per avere risposte bisogna mettersi in viaggio come Abramo e, alla fine del viaggio, magari puoi scoprire che non sono le cose a darti pace, ma la profondità dei sentimenti che sgorgano dal tuo cuore» (Ogni angelo è tremendo, Bompiani, 2013).

Ebbene, l’augurio è che in questo anno che comincia possa lo Spirito Santo, abitante inquieto dei nostri cuori, smuoverli, per farne sgorgare incarnata la Sua Parola: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».

fratel Giovanni Marco jc