Sassovivo, come ogni fraternità del resto, è luogo di comunione e di spiritualità, di amicizia fraterna e di relazione profonda con il Signore. Molti trascorrono alcuni giorni con noi, per… ricaricarsi, spiritualmente e umanamente. Nel nostro vivere la vita di fraternità diamo l’opportunità a molti di accostarsi a noi: sacerdoti, religiosi, consacrati, laici… Alcuni sentono di condividere i frutti della loro permanenza, attraverso dei gesti, delle parole e qualche volta attraverso uno scritto. Questo è il caso di don Luca Gualdi, parroco di San Terenzo (La Spezia), nostro amico di lunga data. Sentiamo il desiderio di condividere con tutti la sua riflessione.


“Ricaricati,
che nei hai bisogno!”

Accompagnato da questo augurio di un caro amico, all’indomani della Festa dell’Epifania sono partito alla volta dell’Abbazia di Sassovivo: avevo finalmente deciso all’inizio del nuovo anno di riservarmi qualche giorno di sosta presso la Fraternità dei Piccoli Fratelli di Jesus Caritas.

Il giorno seguente al mattino nella recita della Liturgia delle Ore meditando il Salmo 37 mi soffermo su queste parole: “Sono stato fanciullo e ora sono vecchio, non ho mai visto il giusto abbandonato” (v. 25a).

“Sono stato fanciullo…”

La prima affermazione è vera, riguarda un tempo per me passato e ormai lontano, che ogni tanto riaffiora con un pizzico di nostalgia, senza alcun motivo per essere dimenticato o nascosto.

“…e ora sono vecchio…”

La seconda affermazione riguarda, personalmente, un tempo che verrà, ma non poi così tanto lontano nel tempo, visto anche come passa velocemente, e scusate il giro di parole.

“…non ho mai visto…”

E’ soprattutto la terza e conclusiva affermazione, che ritorna altre volte in questo Salmo, ad attirare la mia attenzione e a guidarmi in una riflessione.

Il discepolo del Signore è colui che vive di fede, una fede che nasce da un’esperienza concreta, in cui vede, tocca, ascolta, e così partecipa alla beatitudine che Gesù ha proclamato nell’incontro con l’apostolo Tommaso dopo la risurrezione: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” (Gv 20, 29).

Gli stessi giorni del Natale del Signore, che abbiamo appena trascorso, attraverso Maria e Giuseppe, i pastori e i magi, ci hanno presentato l’esperienza del vedere un evento dalla portata divina compiuto nella carne di una donna che partorisce un bambino.

E’ l’esperienza che l’apostolo ed evangelista Giovanni raccoglie nel prologo della sua prima Lettera: “Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi.” (I Gv 1, 1-3a).

Ancor di più nella Pasqua del Signore, sempre l’apostolo ed evangelista Giovanni ci racconta la corsa che lui e l’apostolo Pietro compiono dopo l’annuncio dato loro da Maria di Magdala per andare al sepolcro al mattino del giorno dopo il sabato: “…e vide e credette.” (Gv 20, 8b).

“…il giusto abbandonato!”

Tuttavia questo Salmo racconta un’esperienza opposta a quanto sopra descritto. L’autore, infatti, afferma di non aver mai visto, incontrato, conosciuto un uomo giusto abbandonato, solo, dimenticato.

Non si tratta certo dell’esperienza di stupore che avvolge i presenti quando reagiscono davanti ad una guarigione miracolosa, compiuta da Gesù un giorno, con queste parole: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!” (Mc 2, 12).

Quanto è frequente nella storia dell’umanità che un uomo abbandoni un altro uomo. Dall’esperienza dei fratelli Caino ed Abele in poi la stessa Bibbia ci offre diversi esempi. Anche in questi giorni di inizio di un nuovo anno la cronaca non ci risparmia simili notizie.

Ma mai e poi mai questo è accaduto o accadrà da parte di Dio verso una persona giusta, retta, coerente, onesta, mite, perché “Il Signore rende sicuri i passi dell’uomo” (Sal 37, 23a).

Bene! Allora, pur non ritenendomi una persona giusta, simile a quella descritta nel Salmo, immaginavo di poter stare tranquillo con un Dio così.

Eppure personalmente avvertivo che qualcosa ancora mancava, come un passaggio obbligato e difficile per giungere alla vetta di una montagna che stò scalando. Trascorro tutta la giornata e solo  nell’ultima preghiera della sera, con la recita della preghiera cara a Charles de Foucauld, trovo la risposta che completa la riflessione e il cammino della giornata.

“Padre mio, io mi abbandono a te!”

Solo nell’esercizio Ricaricati, che nei hai bisogno! a Dio con una confidenza infinita posso scoprire di non essere abbandonato, solo o dimenticato.

Dio, infatti, non abbandona il giusto, che è tale proprio perché sa abbandonarsi nella braccia dolci e forti del Padre.

Lui non mi abbandona ed io mi abbandono: questa è la vita!

Passa una notte e al mattino seguente mi trovo davanti a queste parole scritte da Papa Francesco nell’Evangelii gaudium, che mettono un bel sigillo alla mia precedente giornata: “Giungiamo ad essere pienamente umani quando siamo più che umani, quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero.” (8)

Allora altrochè “ricaricato”, questi giorni così veloci mi hanno permesso di “scaricare” me stesso per arricchirmi di Lui, accostandomi ai suoi piedi e fermandomi alla sue spalle per affidargli tutta la mia povera esistenza, e ho trovato ristoro!

don Luca Gualdi