Quando ci rechiamo alle sorgenti del Giordano il nostro itinerario comprende anche la salita all’Hermon, seguendo la strada che attraversa Neve Atif, un kibbuz ebraico, e conduce alla cittadina drusa di Majdal-el-shamis, ultimo centro abitato sulle pendici del monte, prima di giungere alla stazione sciistica.

Oggi non saliremo fin lassù perché vogliamo visitare, per la prima volta, la parte interna del Castello di Nimrod, che abbiamo sempre ammirato da lontano.



La prima grossa sorpresa ce la riserva il parcheggio: è stracolmo, mentre pensavamo di essere gli unici curiosi! L’altra l’abbiamo di fronte alla grandiosità degli spazi e delle strutture della rocca e alla meraviglia che ci offre di qui il panorama che abbraccia la valle di Hula, l’Hermon, i monti che da Metula arrivano a Sefat, e le colline del Golan.

Quando ci siamo ripresi dallo stupore abbiamo iniziato la lunga visita al castello. I locali che ci hanno maggiormente impressionato sono quelli della Torre sud-ovest, l’enorme cisterna a fianco, così bene mimetizzata da sembrare, dall’esterno, una parte abitata del castello, la “Torre bella”, come viene presentata nella guida, ma che doveva essere, prima delle modifiche operate dai Mamelucchi, una bellissima chiesa ottogonale, e, in fine, “il Passaggio segreto” nella Torre nord-ovest. Inoltre era sicuramente una meraviglia architettonica la fortezza vera e propria, isolata nella parte est del complesso.

Affacciandoci dai vari lati delle mura si resta ancora più meravigliati per come i crociati abbiano saputo sfruttare tutti gli spazi di questo sperone di roccia a strapiombo su enormi canaloni. A ragione Nimrod viene considerata la principale tra le fortezze costruita a difesa del regno crociato che ancora si possono visitare e cioè quelle di Montfort, di Belvoir e appunto di Nimrod in Galilea e quelle di Kerak e Ash-Shanbak in Giordania.

Se a queste si aggiungono quelle ormai scomparse, le chiese disseminate ovunque, parti di Akko e della città vecchia di Gerusalemme, bisogna dire che, per il tempo relativamente breve della loro presenza in queste terre, i crociati hanno costruito tanto. Tanto e bene. Questo diciamo senza esprimere qui un giudizio di merito sulle crociate, cosa che proveremo a fare durante la vista ad Akko, san Giovanni d’Acri, la capitale del regno crociato.

A qualcuno sicuramente interesserà togliersi la curiosità di sapere chi era Nimrod, che da il nome al complesso. Quasi certamente si tratta di uno dei personaggi biblici post-diluviani. Discendente di Cam, uno dei tre figli di Noè, Nimrod si è meritato una citazione particolare nel testo sacro: “Etiopia generò Nimrod: costui cominciò ad essere potente sulla terra. Egli era valente nella caccia davanti al Signore, perciò si dice: come Nimrod, valente cacciatore davanti al Signore. L’inizio del suo regno fu Babele, Urm, Acad e Cadne, nella regione di Sinar. Da quella terra si portò ad Assur e costruì Ninive, Recobòt-Ir e Calach e Resen tra Ninive e Calach: quella è la grande città (Gn 10, 8-12).

Ora ci piace aggiungere e condividere con voi due dei momenti più belli della visita al castello.

All’uscita dal “Passaggio segreto” ho incrociato una famiglia ebrea. Al centro camminava il capofamiglia. Come si è accorto che ero un religioso mi ha sorriso scandendo “Shalom!”, pace, con tono amichevole, accogliente. Ho risposto felice “Shalom!” e proseguendo mi è sgorgata spontanea una preghiera per questa terra che sembra far di tutto per allontanarla la pace, sognata invece dalla gente normale di ambedue i paesi.

Giunto poi all’uscita ho visto sul piazzale Marco conversare con dei bambini musulmani, felicissimi di poter parlare nella loro lingua con un “Abouna”, padre, italiano. La cosa più straordinaria però erano i sorrisi e gli sguardi compiaciuti dei genitori nei confronti di chi sarebbe invece potuto apparire come un lontano parente dei crociati.

Certamente sono esperienze come queste che incoraggiano Marco (e noi che facciamo tifo per lui!) a tener duro nel faticoso impegno quotidiano che richiede l’apprendimento di una lingua tanto difficile.

Ora lasciamo il castello e arrivati a Majdal-el-Shamis scendiamo nella valle del lago Ram ricca delle migliori mele prodotte in Israele. Ci fermiamo a Massada per uno spuntino in un piccolo ristorante druso e quindi raggiungiamo Quneitra, ultima tappa della giornata, prima di scendere verso il lago di Tiberiade e tornare a casa.

Quneitra non può essere saltata quando si viene alle sorgenti perché, dalla piattaforma di avvistamento che è stata preparata, si può vedere un pezzo di Siria (siamo a soli 40 km, linea d’aria, da Damasco) e capire anche un po’ di storia recente. Qui siamo in pieno Golan, terra siriana fino al 1967 e oggi Israele, almeno secondo le carte geografiche locali. La Siria continua a reclamare, ma altro non può fare, come disse chiaramente il suo presidente solo pochi anni fa. Intanto, in attesa della soluzione definitiva, laggiù, a poche centinaia di metri dalla nostra postazione c’è il campo ONU, posizionato nella zona cuscinetto tra i due paesi, che ha il compito di controllare che i due contendenti non riaccendano la miccia. Naturalmente i soldati ONU (sono polacchi) cambiano ma il campo è lì da quarantatre anni. Da qui si vede anche il fantasma della Quneitra di prima della guerra: i siriani hanno voluto conservare quanto è rimasto in piedi della città e farne un memoriale. In occasione della sua visita alla Chiesa di Siria Giovanni Paolo II celebrò proprio qui una delle Eucaristie più coinvolgenti e significative.

La nuova Quneitra si vede al di là del nuovo confine. Per capire quanto sarà difficile trovare una soluzione equa, basta guardare in alto alle nostre spalle: sulla cima della collina c’è un osservatorio israeliano grandioso, con strumentazioni che controllano buona parte del Medio Oriente. E basta anche tener presente che i drusi dei quattro villaggi rimasti sono, secondo le ultime statistiche, intorno a 19.000 mentre gli ebrei dei kibbuz hanno raggiunto i 22.000.

È stata una giornata lunga (ve l’abbiamo raccontata in tre puntate!) e, come sempre quando portiamo i fratelli o gli amici a scoprire un po’ di questa Terra, è stata molto interessante. Franklin conferma. È più che soddisfatto.

fratel Alvaro