Lo scorso lunedì 19 settembre abbiamo partecipato ad Assisi, nell’ambito dell’incontro di Preghiera interreligiosa per la Pace, alla tavola rotonda “CRISTIANI E MUSULMANI ALLA PROVA DELLA CONVIVENZA”. Vi hanno preso parte diverse personalità rappresentanti del Cristianesimo e dell’Islam il cui moderatore è stato l’Arcivescovo maronita di Cipro, Joseph Soueif. Non è possibile riportare qui una cronaca dettagliata dell’incontro, ma ci preme testimoniare a proposito del clima di grande rispetto e di stima tra i relatori. Ognuno da un punto prospettico diverso ha serenamente riferito circa i lati positivi nei rapporti di convivenza tra cristiani e musulmani assieme alle grandi sfide per il domani. È chiaro che a nessuno sfugge la complessità dell’argomento e la tensione che si avverte a livello planetario. Ma ci sono sempre segni di speranza ovunque la coesistenza è una necessità. Ci ha colpito la presenza in sala di numerosi giovani…

charles-de-foucauldPer diversi motivi, ma soprattutto alla sequela di frère Charles, i temi che riguardano l’Islam ci interessano. Infatti, il prossimo 1° dicembre ricorre il centenario della morte di frère Charles, assassinato a Tamanrasset. Tuttavia, pur essendo stato ucciso in terra musulmana e da uomini dell’Islam, il beato Charles non è un martire della Chiesa, inteso nel senso classico del termine, né la responsabilità della sua morte è stata attribuita direttamente all’Islam come religione, piuttosto al caos della prima Guerra mondiale. Ma a distanza di un secolo è lecito chiederci ancora: che cosa aveva portato de Foucauld a donare la propria vita per i Tuareg e le tribù del Sahara e che egli amava come amici? E poi, oggi, a che punto siamo in quanto alla convivenza, oppure all’incontro/scontro? A chi volesse approfondire l’argomento, segnaliamo gli Atti di due Sessioni organizzate dalle piccole sorelle di Gesù: «Dans le monde arabe, la Fraternité en son premier jailissement» (2005); e «Dans le monde arabe, les Eglises orientales. Témoins vivants de la foi chrétienne parmi les musulmans» (2013).

Come è noto, dal giugno 1883 al maggio 1884, dopo le dimissioni dall’esercito, Charles de Foucauld si lancia nell’avventura pericolosa di inoltrarsi in Marocco, terra vietata agli europei, travestito da giudeo e aiutato da una guida. Fu un viaggio rischioso, ma alla fine tutto si concluse in positivo. Oltre al grande successo della spedizione, Charles rimase colpito in modo particolare da due caratteristiche accentuate negli uomini dell’Islam: l’ospitalità e la preghiera. L’accoglienza per i musulmani è sacra, è un dovere per tutti a immagine di Abramo. Poi vi è la preghiera come «totale sottomissione a Dio». Per un giovane europeo, razionale e senza religione come Charles, il contatto con la fede dei musulmani, anime che vivono continuamente alla presenza di Dio, che praticano la loro fede con fierezza, senza badare minimamente al rispetto umano, gli hanno fatto comprendere qualcosa di molto più grande e più vero di tutte le attività terrestri: «l’Islam ha prodotto in me un profondo sconvolgimento», confida a Henry de Castries, e in un primo momento voleva diventare musulmano: «Mi sono messo a studiare l’Islam».

Unità 4Verso la fine di ottobre 1886, Charles de Foucauld, dopo un periodo di discernimento e aiutato da persone a lui molto care, ritrova la fede della sua infanzia: «Da quando ho saputo che c’era Dio non ho potuto fare altrimenti che vivere solo per lui»… Che cosa è successo nel cuore di quest’uomo colpito primariamente dalla fede islamica per poi approdare all’amicizia con Gesù di Nazaret? E soprattutto, quale è stato il suo atteggiamento nei riguardi dei musulmani dopo aver compreso che il Dio onnipotente e «totalmente altro» dell’Islam si è fatto piccolo e vicino a ogni uomo nell’evento dell’Incarnazione?

Intanto potremmo sostenere che l’espressione «vivere solo per Dio» in qualche modo riflette il monoteismo assoluto della professione di fede dell’Islam: «Non c’è altro dio all’infuori di Dio». Di fatto, è possibile parlare del visconte Charles de Foucauld prima e di «frère Charles de Jésus» dopo l’incontro personale con Gesù. L’itinerario spirituale di Charles può essere descritto con il termine «abbassamento». Prendendo in mano il vangelo inizia a conoscere la vicenda storica di Gesù che si è fatto «povero operaio» a Nazaret. Ma Gesù è anche il dono del Padre «che ha tanto amato il mondo». Egli, pur essendo Dio, si abbassò, annientò se stesso, fino alla morte (cf. Fil 2,5-11). Charles vuole imitare la vita di Gesù, da ricco che era, rinuncia alla fama, agli affetti familiari, abbandona ogni cosa e si mette sulla strada, questa volta per un’esplorazione diversa da quella in Marocco. Ora non è più assetato di gloria e di onore, ma è un assetato dell’Assoluto con il cuore penitente. Dopo circa sette anni di vita monastica in Francia e soprattutto in Siria, ottiene l’autorizzazione dei suoi superiori a recarsi a Nazaret per vivervi da eremita e poter così «toccare con mano» l’evento Gesù.

Nelle meditazioni scritte, l’eremita di Nazaret fa emergere la sua scoperta sconvolgente: il nostro Dio non è narcisista. Egli è altruismo, amore: la natura di Dio è relazionale, trinitaria, è l’amore che si dona gratuitamente, che crea l’uomo a sua immagine, fa partecipi gli uomini della sua felicità, della sua vita divina, e s’incarna perché la sua immagine torni a brillare in loro. Questo itinerario spiega in parte la determinazione di frère Charles nel portare Gesù a chi ancora non lo conosce e lo vuole far conoscere non predicando, ma vivendo il vangelo. dialogo-assisi3Entrando in relazione con gli altri, con i diversi, con coloro che non condividono la sua fede, ma che gli hanno testimoniato la presenza di Dio. Negli ultimi anni si dedicherà con amore a conoscere e far conoscere la ricchezza del popolo Tuareg, anticipando così l’idea di «inculturazione» che il concilio Vaticano II ha sottolineato… Stando a queste intuizioni, riteniamo che la spiritualità del beato Charles potrebbe illuminare il cammino della Chiesa, e forse della società, di fronte alle grandi sfide di incontro-scontro con il variegato e complesso mondo musulmano. Il clima di violenza e di diffidenza che si è inasprito in questi ultimi anni, rischia di affievolire gli sforzi e la volontà di dialogo, di incontro. Siamo chiamati invece a valorizzare la strada che de Foucauld ha aperto, innovando rispetto al suo tempo: «costruire ponti e non muri» (papa Francesco), condividere gesti di amicizia nel quotidiano, senza iniziative naïf e senza idealismi, ma nel rispetto della diversità. Un altro aspetto decisivo: conoscersi. La paura aumenta quando non ci si conosce. Charles si era messo a studiare l’Islam, ha imparato la lingua dei suoi amici Tuareg e ha sempre cercato di comprenderli. Li accolse nel proprio cuore.

Quando si parla di dialogo, di solito spunta la pretesa di esigere la reciprocità (se loro possono costruire le moschee da noi, anche noi costruiamo chiese nei loro paesi). La reciprocità forse potrebbe essere presa in considerazione dal punto di vista politico. Ma mai dal punto di vista teologico. La Chiesa, noi cristiani, dobbiamo ricordare che l’evento dell’Incarnazione non ha preteso la reciprocità: è un puro dono d’amore, senza condizioni e senza false attese. È l’iniziativa del Padre che entra in relazione con noi. Con l’Incarnazione sta o cade il vangelo. La strada è lunga e forse sempre in salita, ma la comunità cristiana è guidata dallo Spirito di Colui che ha dato la vita per ogni uomo.

fratel Cruz Oswaldo jc

dialogo-assisi1