L’ultima volta che sono stato in Terra Santa, nell’agosto 2014, ho alloggiato presso i nostri Fratelli che vivono a Nazaret. Ogni anno, per la festa della Trasfigurazione, si realizza laggiù un pellegrinaggio a piedi partendo dalla Basilica dell’Annunciazione fino al Monte Tabor, ossia il monte che la comunità cristiana ha da sempre considerato il Monte della Trasfigurazione: Gesù, secondo i vangeli, vi salì assieme a Pietro, Giacomo e Giovanni, e sulla cima avvenne un evento straordinariodi LUCE che avvolse e trasformò il Maestro di Galilea coinvolgendo anche i testimoni… Il pellegrinaggio inizia alla mezza notte e si raggiunge la cima alle prime luci dell’alba per poi concludere con la celebrazione eucaristica. Ho aderito volentieri all’iniziativa di pellegrinare verso il monte proprio in occasione della festa.

Le prime ore di camminata sono piuttosto monotone perché si segue la strada delle macchine fino al villaggio arabo ai piedi del Tabor. Avevamo iniziato la scalata in un clima di raccoglimento e di preghiera poco prima delle quattro del mattino, affrontando una serie di curve tornanti si notava la dispersione dei partecipanti in quanto alcuni erano più in forma (o anche più giovani) di altri. Per me il momento eccezionale è stato ascoltare l’inizio del canto dei vari muezzin, ossia la voce che dalle moschee sparse giù nella valle invitava tutti i pii musulmani alla prima preghiera… perché Dio è Grande, Allah Akbar!Sono cinque i richiami alla preghiera lungo la giornata. Corrispondente al suono delle campane quando suonano a festa, le voci che partivano dai minareti formavano una sinfonia e il canto melodioso che annunciava la conclusione della notte e del silenzio introduceva al nuovo giorno, i fedeli vengono destati dal sonno per lodare il Misericordioso. Anche il mio sguardo è stato spinto verso la contemplazione del cielo e il cuore era rivolto verso Dio… Il richiamo alla preghiera dei musulmani aveva predisposto ancora meglio la mia persona a vivere intensamente l’eucaristia sul luogo della Trasfigurazione.

I vangeli ci narrano l’esperienza degli Apostoli sul monte; pur adoperando molte immagini e un vocabolario ricco, siamo certi che nessuno dei vangeli Sinottici (Matteo, Marco e Luca) è riuscito a esprimere in pienezza quanto era accaduto ai discepoli, tanto era luminoso, tanto bello e “tremendum” da suscitare un misto di meraviglia, gioia e paura nei testimoni. L’evangelista vi passa sopra affermando che Gesù stesso avesse imposto ai discepoli di non riferire nulla circa quanto avevano visto e udito, tuttavia è possibile interpretare che, sotto al silenzio richiesto, si nasconda in realtà l’incapacità di descrivere con parole umane un incontrointenso e personale col mistero di Dio. In termini spirituali possiamo parlare qui di esperienza mistica, cioè intravedere Dio senza poter descrivere il fatto. Ogni incontro personale con Dio è un evento difficile da spiegare.

Ma è importante tenere presente che gli evangelisti ci parlano anche dei molti luoghi dove Gesù si è fermato per predicare e istruire la gente con parole e gesti. Tre volte ci dicono che Gesù è salito “sul monte”: le Beatitudini, la Trasfigurazione e finalmente il Golgota o Calvario, a Gerusalemme, dove fu crocifisso. Tre montagne, tre salite che ci possono aiutare a cogliere la ricchezza dell’esperienza di manifestazione di Dio… Sul Monte delle Beatitudini Gesù presenta la Nuova Legge, bassata non più sulla rigidità dell’osservanza di norme e precetti, ma sulla capacità di diventare “poveri in spirito” (Mt 5,1-12) ed accogliere il Regno annunciato da Lui. Il discepolo viene introdotto alla conoscenza della nuova Legge dell’amoreche dovrà ispirare tutto il suo operare a favore del perdono, la giustizia, la pace e la costruzione di un mondo più umano. Sul Monte della Trasfigurazione (Mc 9,2-8) Gesù rivela ai discepoli, che hanno già scelto di seguire i sui passi, il passaggio obbligatorioattraverso la Passione per raggiungere la Gloria, è il messaggio racchiuso nel dialogo tra Mosè, Elia e Gesù che sono avvolti dalla luce luminosa accecantee dalla quale risuona la voce-comando del Padre che invita ad “ascoltare” il Figlio amato. Anche i discepoli vengono trasformati dalla luce del Cristo che li rende capaci di perseverare dietro a Gesù sino alla fine. Anche i discepoli sono chiamati a diventare “figli amati”. Per ultimo, il Golgota, dove Gesù è crocifisso, ma più che luogo della morte dobbiamo considerarlo come il luogo dove Gesù ha donato la vita perla salvezza dell’umanità intera. La vocazione primaria dei discepoli di Gesù è, dunque, “donare la vita”; solamente dopo aver accolto nella propria esistenza la Legge dell’amore inaugurata sul Monte delle Beatitudini, dopo essere strati trasfigurati dalla Luce luminosa, cioè coinvolti nello splendore della Gloria, il singolo discepolo è pronto per il passo decisivo: salire sul Calvario per donare la propria vita non più mediante una morte cruenta, ma nella capacita di morire a se stessi ogni giorno pergli altri. «Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Gv 3,16).

Sull’esempio della salita sul Monte che richiede la ferma volontà, l’impegno e la perseveranza per raggiungere la vetta o luogo dell’incontro con Dio, ugualmente la vocazione cristiana richiede la volontà di seguire i passi di Gesù, “via, verità e vita”, con determinazione e perseveranza, sino alla fine. Ecco che cosa ci può dire la Trasfigurazione e quello che significa per noi “scalare la Montagna”. Quella trasfigurazione di Gesù e dei discepoli riguarda l’oggi della vita cristiana: Dio si manifesta e coinvolge nella sua luce quanti lo cercano con cuore sincero.

fratel Oswaldo jc