Qualche tempo fa’ un carissimo amico passato da Nazaret ci ha posto una domanda: come possiamo dire che viviamo il Vangelo? Molte volte alla sera facciamo fatica anche solo a ricordare la lettura della nostra lectio che apre la giornata. E come possiamo dire che l’abbiamo vissuta? Se questo è difficile per noi che leggiamo e rileggiamo interamente la Bibbia, che la studiamo, eventualmente conoscendo pure le lingue in cui è stata scritta, quanto più lo è per chi fa altre scelte di vita.


Devo dire che queste considerazioni mi sono rimaste molto dentro nei mesi successivi. È proprio vero. Se consideriamo la possibilità di dire, a fine giornata, che abbiamo vissuto la Parola proposta, per quanto mi riguarda, la maggior parte delle volte potrei dire che non l’ho vissuta; l’ho dimenticata. Ma a me sembra che la lectio e la lettura quotidiana della Scrittura non abbia come fine immediato quello della realizzazione di quella Parola di Dio, ma ancor più l’ingresso e il permanere nella dinamica della Parola.

Una sana “dipendenza” dalla Parola che di giorno in giorno si va irrobustendo dentro di noi, per la forza della Parola e per la nostra determinazione a dimorarvi, a rimanervi, si costruisce e si rafforza indipendentemente dalla sensazione della sua realizzazione immediata. La Parola, il Verbo, il Logos, non è un insieme di frasi, ma una Persona, una Presenza; e, come per conoscere veramente un uomo o una donna sono necessari una vita intera, così è per Dio. La dinamica della Parola ci spinge a rimanere in relazione, a rimanere aperti, per lasciarci toccare, per lasciarci raggiungere, talvolta per lasciarci ferire dalla Parola.
In questo modo si rimane alla Presenza, anche se quella specifica Parola non ci ha detto molto, oppure non la ricordiamo a sera. In fondo la Parola, il Verbo, sono altri nomi per dire il Figlio, Gesù, e ciò che egli ci ha fatto conoscere è proprio il volto di Dio che rivela l’Amore, che rivela il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: un Dio che è in sé stesso Relazione. E rimanere nella dinamica della Parola, a mio avviso, si traduce, nel rimanere in relazione, disponibili all’ascolto e alla risposta, con una disposizione d’animo che abbraccia tutta la nostra vita e non solo il momento preciso in cui leggiamo la Scrittura, e non solo nell’ascolto a quel versetto della Bibbia. Ma anche in questo modo la Parola si realizza, si fa carne.

Non solo. La lettura sistematica e costante della Scrittura porta come effetto un progressivo, anche se forse non troppo immediatamente riconoscibile, cambiamento di mentalità e di sentimenti. In altre parole produce una lenta conversione. Ricordo le parole di un teologo ad un convegno: “se noi leggessimo tutti i giorni lo stesso giornale, finiremmo per pensare come pensa il giornale, con le stesse categorie, con lo stesso metro di giudizio; assorbiremmo le idee, la mentalità, il modo di sentire, oltre che il modo di vedere e giudicare i fatti della vita. Se noi leggiamo tutti i giorni la Scrittura, può avvenire la stessa cosa: lentamente assorbiremmo il modo di vedere le cose di Dio, il suoi criteri di giudizio, il suo sentire, il suo pensare…” E questo, a mio avviso, indipendentemente da quanto, a sera, possiamo dire di aver vissuto la Parola del giorno.
Semplicemente dimoriamo nella Parola e lasciamo che sia Lei a lavorare dentro di noi, sapendo che ogni Parola che esce dalla sua bocca non torna a Lui senza effetto, senza aver compiuto ciò per cui l’ha inviata. (cfr. Is 55,10-11).
fratel Marco