Mentre ci apprestiamo a iniziare il nuovo anno liturgico a partire dalla prima domenica di Avvento, abbiamo anche la gioia di celebrare la memoria del Beato Charles de Foucauld. Nel contesto dell’Anno della fede, sicuramente le sue meditazioni possono essere un aiuto concreto a quanti amano le formule semplici, ma allo stesso tempo cariche di fede profonda e di amore immenso verso la persona del «beneamato fratello e Signore Gesù».

La meditazione che qui proponiamo fa parte degli scritti di Nazaret, anzi molto probabilmente è una delle prime che frère Charles scrisse durante un ritiro (5-15 novembre 1897). Charles, l’eremita, abitava allora nella piccola capanna messa a sua disposizione dalle Clarisse. Egli pregava o nella sua “cella” o nella cappella del convento, spesso ai piedi del santissimo sacramento esposto. Da qui le continue allusioni al silenzio circondante e alla presenza via di Nostro Signore nell’ostia santa.

Dio è l’essere infinitamente amabile, dobbiamo amarlo con tutta la portata della nostra anima, e di conseguenza guardarlo senza sosta, averlo senza sosta in vista e fare tutto ciò che facciamo per lui, come quando si ama si fa tutto in vista dell’essere amato […]

La fede è ciò che fa che crediamo dal fondo dell’anima tutti i dogmi della religione, tutte le verità che la religione ci insegna, il contenuto della sacra Scrittura e di conseguenza tutti gli insegnamenti del Vangelo, insomma tutto ciò che ci è proposto dalla Chiesa… Il giusto vive veramente di questa fede perché sostituisce per lui la maggior parte dei sensi del corpo: essa trasforma talmente tutte le cose che appena gli antichi sensi possono servire all’anima, essa non percepisce con essi che delle ingannevoli apparenze: la fede le mostra le realtà…

L’occhio le mostra un povero, la fede le mostra Gesù; l’orecchio le fa ascoltare delle ingiurie e delle persecuzioni, la fede le canta: «Rallegratevi e giubilate di gioia»; il tatto ci fa sentire dei colpi di pietra ricevuti, la fede ci dice: «siate in grande gioia di essere stati giudicati degni di soffrire qualcosa per il nome di Cristo»… il gusto ci fa sentire un po’ di pane senza lievito, la fede ci mostra «il Salvatore Gesù uomo e Dio, corpo e anima»; l’odorato ci fa sentire l’incenso, la fede ci dice che il vero incenso «sono le preghiere dei santi»… I sensi ci seducono con le bellezze create, la fede pensa alla bellezza increata e si prende pietà di tutte le creature che sono un niente e una polvere accanto a questa bellezza qui… i sensi hanno orrore del dolore, la fede lo benedice come la corona di matrimonio che l’unisce al suo Beneamato, come il procedere con il suo Sposo la mano nella sua mano divina… i sensi si rivoltano contro l’ingiuria, la fede la benedice, «benedite coloro che vi maledicono», la trova meritata perché pensa ai suoi peccati, la trova dolce, perché è condividere la sorti di Gesù… i sensi sono curiosi, la fede non vuol niente conoscere, ha sete di seppellirsi e vorrebbe passare tutta la sua vita immobile ai piedi del tabernacolo […]

Così la fede illumina tutto di una luce nuova, diversa dalla luce dei sensi, o più brillante o differente… Così colui che vive di fede ha l’anima piena di pensieri nuovi, di gusti nuovi, di giudizi nuovi; sono degli orizzonti nuovi che gli si schiudono dinanzi, orizzonti meravigliosi che sono rischiarati da una luce celeste e belli della bellezza divina. Ammantato di queste verità tutte nuove di cui il mondo non sospetta, comincia necessariamente una vita tutta nuova, opposta al mondo a cui i suoi atti sembrano una follia… il mondo è nelle tenebre, in una notte profonda, l’uomo di fede è in piena luce…

 

Fratel Oswaldo