Mi ha sempre colpito in negativo osservare durante la celebrazione eucaristica come molti cristiani, anche tra i cosiddetti “praticanti”, al momento della comunione rimangano al loro posto e tornino a casa senza aver ricevuto il corpo e il sangue di Cristo. Qualche volta – parlando tra di noi – ho sollevato il tema commentando che, a mio avviso, si tratti di una grande contraddizione. Nessuno capirebbe una persona che accetta un invito al ristorante e poi rimane senza mangiare; sarebbe simile a uno che parte per il mare con tanto di costume e poi rimane vestito sdraiato sulla spiaggia! È facile immaginare che le mie idee non hanno trovato grande accoglienza e, come qualcuno giustamente ha osservato, qui non siamo in America Latina!
Sono convinto che si tratti di un tema delicato e che ci sia dimezzo tanto l’insegnamento della Chiesa quanto la disciplina vigente. Tuttavia nulla ci impedisce di riflettere, condividere e pregare. Sappiamo innanzi tutto che l’eucaristia è un dono, il dono d’amore che Gesù ci ha lasciato, e ci ha anche comandato: «fate questo in memoria di me». Personalmente ho ricevuto tanto beneficio pensare e immaginare la scena di Gesù che spezza il pane dicendo «questo è il mio corpo» e lo dà… anche a Giuda Iscariota il quale, stando al racconto di Giovanni, «il diavolo era entrato in lui». Anche senza arrivare all’interpretazione teologica possiamo dire che, colui che era «uno dei Dodici» e che aveva sentito dire dal Maestro «non vi chiamo più servi, ma amici», covava già nel proprio cuore sentimenti omicidi al momento di fare la comunione. Oggi parliamo di omicidio premeditato… In Giuda è presente ogni uomo, anche il più grande peccatore. «Non entrare in giudizio con il tuo servo, davanti a te nessun vivente è giusto» (salmo 142).
È necessario a questo punto chiarire che non si tratta di diminuire la sacralità dell’eucaristia e tanto meno di un invito a «fare la comunione a buon mercato». È vero, però, che per molto tempo l’insegnamento della Chiesa – soprattutto in Occidente – al momento di parlare della salvezza dell’uomo in Cristo si è soffermato molto sul tema del peccato: «Cristo morì per i nostri peccati». A differenza delle Chiese in Oriente che hanno sottolineato il tema della «divinizzazione dell’uomo in Cristo». Il peccato reale è un peso sulla coscienza, lo sappiamo, ma il peso del peccato ha prevalso fino a farci diventare «indegni di ricevere l’eucaristia». Anzi, forse per timore che la comunione diventi motivo di condanna e non di salvezza in coscienza preferiamo tirarci in dietro e rimanere a osservare da lontano.
Nella Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, «Misericordiæ Vultus», papa Francesco con molta probabilità tocca le vette del suo magistero: «Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi» (1). A quanti sono lontani dalla Chiesa, a causa del peccato, o semplicemente vivono il proprio battesimo con una certa tiepidezza, Francesco rivolge un invito pressante: «Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è il tempo di lasciarsi toccare il cuore. Davanti al male commesso, anche a crimini gravi, è il momento di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita. Rimanere sulla via del male è solo fonte di illusione e di tristezza. La vera vita è ben altro. Dio non si stanca di tendere la mano» (19).
Il Papa parla della Misericordia come dell’architrave che sorregge la vita della Chiesa. E sostiene che tutta l’azione pastorale dovrebbe essere avvolta dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti: «La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole». Francesco dedica una parte consistente al sacramento del perdono e ai ministri del perdono, ma afferma in modo stravolgente che tutta la Chiesa è chiamata a vivere il tempo della Misericordia: «La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia» (12).
Intanto, noi che abbiamo il dono di accostarci pienamente al sacramento dell’eucaristia possiamo continuamente cantare con frère Charles: «Mio Dio, come sei buono, come canterò le tue misericordie!». Non siamo migliori, semplicemente ci sentiamo amati da Dio, guardati con Misericordia e ci sforziamo affinché la nostra vita cristiana sia fondamentalmente una risposta d’amore.
fratel Oswaldo jc
Grazie amico e fratello Oswaldo.
Queste parole scaldano il cuore e aprono alla speranza, proprio come fa la Misericordia quando la si sperimenta.
Ciao!!
Ciao Osvaldo le tue considerazioni sono semplici e colme di carità. Fanno nascere il desiderio che tutti i nostri fratelli possano ascoltarle “perché questo è il momento di cambiare vita”, perché il Padre ha amato per primo tutti gli uomini e dopo l’Ascensione di Gesù alla destra del Padre, questi giorni di preparazione alla Pentecoste avranno compimento con la Comunione e la discesa del Paraclito, come per gli Apostoli, anche per ognuno di noi nell’Eucaristia di Domenica. Grazie Osvaldo.