Lo confesso, sono stato tentato! Di fronte al dramma del terremoto che ha colpito il centro Italia, ci sono stati almeno due casi che hanno fatto scalpore. Un uomo di chiesa, in Italia, ed un esponente del parlamento, in Israele, si sono espressi in dichiarazioni pesanti ed imbarazzanti sul rapporto tra questa sciagura e il Dio della rivelazione biblica.

Non avendo scritto per tempo bypasso i commenti e le riflessioni che le loro parole mi hanno suscitato. Mi limito ad una domanda: è così difficile credere nel Dio della vita? Sì, lo è.

Misericordia 4Tutti noi ci portiamo dentro un’immagine di Dio segnata dalle distorsioni che la natura umana provoca nel pensare a Qualcuno che non può contenere nella sua mente e non può comprendere con la sua intelligenza. La Rivelazione ci è stata data per questo, per aiutarci a contemplare il volto di Dio fin da questa terra e a credere e confidare in Lui.

Fin dall’inizio Egli si presenta a noi come il creatore, come Colui che possiede la vita “in abbondanza” tanto che questa stessa vita trabocca e raggiunge ogni angolo dello spazio e del tempo. Parafrasando un canto di Taizè mi verrebbe da dire che “Dio non può che donare la vita”.

Spostandoci un po’ più oltre mi sono soffermato sulla figura di Abramo, il padre di tutti i credenti. La sua vita, segnata dalla sterilità (=non vita) dopo il primo accenno della promessa di Dio che gli parlava di una grande ricompensa, il patriarca domanda incredulo: “Mio Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli… (Gen 15,2). Domanda interessante. Che cosa mi darai Signore? Quale sarà la mia parte di eredità di fronte alla tentazione di rassegnarsi al fatto che la morte sembra sempre vincere sulla vita? Qual è la mia speranza in questa terra? A chi mi posso aggrappare? Dio spinge “fuori” Abramo, all’aperto, dove può vedere il cielo e le stelle: “Guarda verso il cielo e conta le stelle!” E’ proprio vero che Dio è un grande poeta e un gran sognatore. Di fronte al “fallimento” della vita che Abramo sperimenta Dio lo invita a guardare in alto, a contemplare il cielo. “Guarda verso il cielo!”, “Sogna assieme a me!”

DSC_0417Certo, chi non è capace di sollevare lo sguardo, difficilmente può comprendere questo Dio. Chi non sa andare con lo sguardo oltre l’orizzonte non può intuire la sua “follia” creatrice. Chi non cammina con gli occhi rivolti verso l’alto non può incontrare il Sommo Poeta e il Sognatore Divino. Come afferma amaramente il profeta Osea: “chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo” (Os 11,7).

Eppure se si legge la Scrittura con attenzione, senza fretta, meditandola, ci si rende conto che Dio “non può che donare il suo amore”. Di fronte all’infedeltà ripetuta del suo popolo, in ultima analisi risponde sempre con il riproporre comunque e di nuovo la sua alleanza. Nel libro delle consolazioni (Is 40-55) contenuto nel rotolo del profeta Isaia, quel testo meraviglioso che comincia con le parole “consolate, consolate il mio popolo”, Dio afferma: “Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni. […] Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo…” (cfr. Is 43,1.4).

Per non parlare di Gesù. Ha passato la sua vita a guarire, risanare, salvare, liberare… Tutti verbi che richiamano la mano potente di Dio che si stende sull’umanità per ridonare vita all’uomo tentato di lasciarsi prevalere dalla morte.

Iniziamo così l’avvento. Il tempo che ci invita a riconsiderare la “fede” di Dio. Lui crede nella vita, si manifesta nella vita, non può che donare vita. “Non è Dio dei morti, ma dei viventi”. Fino a lasciar traboccare tutta la sua Vita in quella di un bambino, un figlio, Gesù di Nazaret. La preghiera e il cammino di conversione a mio avviso debbono andare in questa direzione: convertirci per arrivare a rifiutare di tirare il Signore verso le nostre ideologiche prese di posizioni sui fatti, anche drammatici, dell’esistenza; convertirci per arrivare a dire sinceramente e in modo convincente: “Credo nel Dio della vita!”

fratel Marco jc