Possiamo rendere il senso dell’Avvento attraverso alcune parole chiave: memoria, attenzione vigile e attesa gioiosa; gratitudine e nuovo vigore nell’andare incontro al Signore che sempre prende l’iniziativa di venire a noi. Tempo in cui lo sguardo della Chiesa è rivolto al futuro, desiderando «i cieli nuovi e la terra nuova»; ma ugualmente è tempo in cui il cristiano è vivamente chiamato ad abitare e costruire questomondo.

L’Avvento come tempo liturgico è «un pellegrinaggio alle sorgenti del Verbo eterno», perché «Avvento per i cristiani significa il chinarsi di Dio verso l’uomo» (+G. Sigismondi). Duemila anni fa, nell’oscuro villaggio di Nazaret, si è accesa unaluce. Luce che ha raggiunto e illuminato anche noi, anche se non manifesta ancora lo splendore del «lampo che, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo» (G. Koch). Quella Luceper i cristiani è Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio, il Re dei re della terra, il «Principe della pace»; ma la pace non c’è. E quando arriverà? «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento… Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!» (Mc13,33-37).

La storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre, cominciata dall’origine del mondo e destinata a durare fino all’ultimo giorno. Quando nella realtà creata, prodotta buona da Dio, si inserisce il peccato, si sconvolge l’ordine dei valori, si mescola il male con il bene, si rimane vittime di egoismi personali e collettivi e il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità. Ma il Concilio Vaticano II ci ricorda che la sequela di Gesù non suscita solamente il desiderio del mondo futuro, ma anche ispira, purifica e fortifica quei generosi propositi, con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra. «Accettando di morire per noi tutti peccatori, egli ci insegna con il suo esempio che è necessario anche portare quella croce che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e la giustizia» (Gaudium et Spes, 38). Il desiderio del mondo futuro e l’impulso alla costituzione di questomondo non sono contrapposti ma congiunti. Tra l’aspirazione escatologica e l’impegno terrestre dell’uomo c’è un nesso causale: il cristiano aspira al mondo futuro, e, proprio perciò, s’impegna a edificare il mondo con un’attività purificata e fortificata.

Anche di fronte agli sconvolgimenti attuali la Chiesa non si stanca mai di annunciare la speranza: «Nel rivolgermi a voi quest’oggi – disse papa Francesco intervenendo al Parlamento europeo a Strasburgo –, a partire dalla mia vocazione di pastore, desidero indirizzare a tutti i cittadini europei un messaggio di speranza e di incoraggiamento». La speranza è Cristo, il «Vangelo eterno» (Ap 14,6), perché «la proposta cristiana non invecchia mai» (Evangelii Gaudium, 11). Vivere l’Avvento in questomondo vuol dire, dunque, abitare la città, abitare la politica, l’economia, la cultura. La comunità cristiana non si contrappone a quella civile, ma vive le sue attese e i suoi problemi dall’interno. Il compito del cristiano, semmai, è quello di dare un supplemento di anima, di spiritualità, di motivazione trascendente all’attività umana che viene svolta nei vari ambiti della vita.

«È certo che, se Gesù è Dio fatto uomo – scrive fratel Carlo Carretto –, qualcosa di radicale deve cambiare nella storia dell’uomo. Se l’assoluto di Dio è entrato nella storia, non esiste più una storia qualsiasi.Con l’Incarnazione l’umanità è divenuta “l’ambiente divino” e l’uomo è divenuto familiare di Dio, consanguineo del Cristo.Se è vero, com’è vero, che Dio è divenuto in Gesù uno di noi, non è una faccenda di poco conto: le speranze dell’uomo hanno ora un punto d’appoggio straordinariamente solido.Se Gesù, che è Dio, è mio fratello, non ho più ragione di riempirmi il cuore di paura dacché Dio è diventato mio fratello.E con un fratello come Dio è cambiato l’orizzonte di tutta la mia, la nostra esistenza. […]Sembra un sogno parlare di queste cose a degli uomini che stringono la cinghia per la fame o che gridano da mane a sera tormentati dalle loro piaghe senza numero, seduti sul letame del mondo come Giobbe sul suo.Eppure questa, e solo questa, è la sostanza della fede e la molla della speranza; ed è grande proprio perché oscura e dolorosa.Siamo santi anche se ancora immersi nel peccato; siamo risuscitati in Cristo anche se soffriamo nelle nostre membra il veleno della nostra morte» (C. Carretto, Il Dio che viene. Meditazioni sull’attesa di un incontro).

fratel Oswaldo jc