Non conosco la risonanza che ha avuto in Europa e in Italia la notizia, ma immagino le conseguenze che potrebbe avere in Medio Oriente l’atto gravemente irresponsabile compiuto da un pastore statunitense nei giorni scorsi.

Non era nuovo a questo tipo di comportamenti tanto provocatori quanto pericolosi e dannosi. Nel marzo 2011 Terry Jones si era già cimentato nel rogo del Corano e, alcuni giorni fa (il 30 aprile 2012) ha ripetuto il gesto in presenza di alcune persone che hanno diligentemente filmato e diffuso il tutto. Questa volta la motivazione era la protesta contro la carcerazione di un pastore cristiano in Iran, imprigionato dal 2009 per il solo motivo di aver abbracciato la fede in Cristo, lasciando quella islamica.

Un paese in cui non si possa scegliere liberamente il proprio credo non si può certo definire democratico, e dove addirittura si procede all’arresto ed alla detenzione per questo motivo, si può definire addirittura “fondamentalista” o “estremista” e si può sicuramente accusare di gravi violazioni contro i diritti umani.

Allo stesso modo però credo si possa definire il gesto del pastore che, cavalcando l’onda della sua già triste fama, compie un atto così pesante, intollerante e offensivo della sensibilità religiosa altrui. Non si tratta affatto, è ovvio, di giustificare la detenzione del povero pastore cristiano in Iran, ma è certo che il gesto in sé non è né costruttivo, né adeguato. Anch’esso è un gesto violento che genera altra violenza. E bisogna aggiungere pure che non è giusto comportarsi in modo tale che il prezzo del nostro comportamento lo paghino altri. Sì, perché già lo scorso anno, il corano bruciato, causò una reazione violenta nei confronti dei cristiani in alcuni paesi arabi. Così c’è il rischio che anche quest’anno la sua plateale ed incauta provocazione non aiuterà di sicuro la già difficile condizione dei cristiani in Medio Oriente e nel nord Africa.

Sì, perché la situazione dei cristiani nel mondo risulta essere sempre più pericolosa e difficile. La persecuzione, l’oppressione, l’emarginazione, il martirio, sono dunque condizioni normali dei discepoli di Gesù in molti paesi del mondo. Quando si affermava che il secolo scorso era nuovamente il secolo dei martiri non ci si sbagliava e il secolo che si è aperto davanti a noi non ha cambiato il suo andamento. La testimonianza fino alla morte è ancora l’orizzonte vitale di molti credenti, senza bisogno che ci siano esterni a fomentare odio ingiustificato e cruento.

Per questo ritengo che il fondamentalismo e l’estremismo vada condannato, da qualunque parte esso venga, perché non può mai condurre alla libertà, alla democrazia ed alla convivenza pacifica. Il fondamentalismo genera altro fondamentalismo, come la violenza non può che generare altra violenza.

fratel Marco