Quando nel 1996 siamo venuti a Nazaret per continuare la presenza della Fraternità, fondata da piccola sorella Magdeleine di Gesù nel 1949, oltre alla casa, la «cappella di frère Charles» e il giardino, abbiamo anche «ereditato» dalle stesse piccole sorelle di Gesù un caro amico che da molti anni veniva per fare i vari lavoretti di giardinaggio e manutenzione. Ma il piccolo dettaglio – si fa per dire – è che Sobhé era un arabo doc di Nazaret, un pio e bravo musulmano che sapeva fare e soprattutto amare.
Aveva una bella famiglia, ne andava fiero in modo particolare per un figlio che era partito per l’Inghilterra e là si era fatto una vita. Ma i suoi familiari non si facevano vedere praticamente mai… Le sue molte virtù scaturivano dal suo cuore da bambino e il suo autentico santo timore di Dio, il clemente e il compassionevole.
Ci mancherebbe lo spazio per raccontare gli innumerevoli fioretti del nostro amico, soprattutto il forte legame coi fratelli, con Alvaro in modo particolare con cui condivideva il lavoro e un po’ l’età. Un giorno, dietro all’insistenza di volere in qualche modo «ricompensare» il suo lavoro e la sua amicizia, dopo accurata riflessione chiese che gli si portasse dall’Italia una tuta da lavoro blu, tutto qui! Era così entusiasta e fiero di indossare il regalo dei piccoli fratelli che da quel giorno divenne un po’ come il suo «abito religioso». Un giorno capitò un piccolo fratello di Gesù che amava dipingere e non si lasciò sfuggire l’idea di fargli un ritratto.
Quando Sobhé è partito per il paradiso – «io sono persuaso che il buon Dio ci accoglierà tutti se lo meritiamo», diceva frère Charles – il tutto lasciava pensare che fosse finita la storia. In questi anni però in più di un’occasione qualche figlio con qualche nipote sono passati per un saluto veloce. Ma oggi, con nostra grande sorpresa e come avviene forse solo nei romanzi, hanno bussato alla nostra porta una copia di sposi accompagnati dai familiari e parenti più stretti. Indovinate un po’: la sposa era niente meno che la nipote del nostro ex giardiniere figlia del figlio emmigrato molti anni fa! Sono venuti – compresi i locali – per onorare la memoria del nonno e per i più piccoli il bisnonno, a dirci che avevano sempre saputo di quanto fosse attaccato a questo luogo, alle piccole sorelle e ai piccoli fratelli. E finalmente per vedere il quadro appeso nella nostra sala comune, così come l’artista l’aveva immortalato in un giorno qualsiasi.
Per ragioni che conosciamo è bene non soffermarci nei particolari di questo evento, ma ci sembra anche simpatico condividere questa piccola storia che racchiude un significato molto più grande. Mentre si svolgeva la visita mi sono ricordato di una bellissima scena del film Nativity che fa vedere uno dei pastori che guarda il cielo stellato, così come lo aveva fatto innumerevoli volte, e all’improvviso diventa uno dei pochi testimoni dell’evento che ha cambiato la storia dell’umanità: la nascita di Gesù il principe della pace.
Possano questi piccoli segni sostenerci nella nostra fiducia che il mondo può cambiare, se avessimo la fede quanto un granellino di senapa! In questo momento delicato della storia dell’umanità abbiamo tutti bisogno di credere e di realizzare piccoli gesti. Un ultimo pensiero: chi può immaginare la gioia di Sobhé nel vedere i suoi figli in un luogo che lui ha amato veramente!
fratel Oswaldo jc
Bellissimo!!! L’emozione non mi fa dire altro. Grazie!
Condivido la tensione sentimentale e spirituale comunicataci da fratello Oswaldo.In sintonia mi permetto di osservare come postato ieri in un social forum quasi ad anticipare : Il Bene non sappiamo quando arriva. Il bene germoglia nel grigiore delle ore troppo piatte, rompe il buio delle situazioni più dolorose, scalda le giornate belle, ma fredde. Per questo il bene non finisce mai di sorprendere. Il Bene è gratuito. Può nascere da un’intenzione, ma non possiamo calcolare i suoi effetti, come piantando nella terra un seme sconosciuto sappiamo che quell’albero porterà frutti, ma ignoriamo quanto sarà maestoso l’albero e dolci i frutti.Un abbraccio da Napoli,piccolissimamente renato.
che bellissima boccata d’aria pura, ringraziamo Dio di avere questi fratelli mussulmani che ci stimolano nell’AMORE di Dio e del prossimo.
Dopo un secolo il padre de Foucald ha ancora tanto da insegnarci. Questa bellissima testimonianza s’inserisce nel filone sterminato di piccoli segni di speranza di cui è costellata la storia dell’umanità. In particolare, l’esperienza dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle che vivono spesso in ambienti a forte presenza musulmana, insegna a tutti noi che l’amicizia tra i popoli è possibile, che l’accoglienza dell’altro così come è supera le barriere di razza, sesso e religione. Ai miei tempi, alla fine degli anni 60, si cantava “mettete dei fiori nei vostri cannoni”: è utopia cercare il dialogo invece di scambiarsi cannonate? E’ utopia pensare che la ragione dell’altro non deve essere per forza contraria alla mia, ma che le due ragioni possono trovare un punto d’incontro? E’ utopia credere nell’amore vero, l’amore che tutto scusa, tutto crede, tutto sopporta, tutto spera? Sì, forse è utopia, ma è l’utopia che ha il potere di salvarci!