Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.

L’incipit della costituzione conciliare Gaudium et Spes ha rappresentato il fulcro del convegno biennale tenutosi a Spello il 5 e 6 ottobre in memoria di fratel Carlo Carretto.

Alla prima sessione dei lavori sono intervenuti il sindaco di Spello, Sandro Vitali, don Antonio Sciortino, direttore di famiglia Cristiana e Franco Miano, presidente dell’Azione Cattolica.

Dopo il saluto del sindaco, che ha ricordato Carlo in particolar modo per l’impegno, la creatività, il coraggio e l’investimento nel dialogo, nella relazione vissuta per gli altri e non solo con finalità egoistiche, don Antonio Sciortino ha auspicato che le ricorrenze, come quella del Concilio Vaticano II, non restino delle pure celebrazioni, ma che siano un’occasione grazie alla quale tutti possiamo affrontare i problemi attuali sia nella Chiesa sia nella “società terrena”.

C’è infatti una crisi che non è solo economica, ma etica, ed educativa; è giunto il tempo che coloro che si professano seguaci  del Vangelo abbiano anche il coraggio di battere un colpo d’ali nella società evitando il pericolo di tornare a costruire recinti.

La domanda che ci si è posti è se esiste ancora questa apertura al mondo promossa dal Concilio mezzo secolo fa, oppure se la Chiesa si ritrova intimorita dalle sfide contemporanee. Da un lato infatti “Non serve a nulla tener le mani pulite in tasca se non ce le si sporca con la storia degli uomini” diceva don Lorenzo Milani e, dall’altro, fratel Carlo sosteneva che è un problema che la Chiesa abbia paura perché significa che essa manca di fede nel Cristo, il risorto dai morti!

Carlo è per noi un esempio di applicazione del Concilio Vaticano II in quanto uomo “libero e fedele in Cristo”. Egli ha capito pienamente che la Chiesa é il popolo di Dio, elemento fondamentale in un mondo multiculturale, un mondo dove tutti sono chiamati alla santità: è necessario recuperare la dignità dei laici in un impegno che deve essere portato insieme, credenti e non, sui grandi temi: pace, povertà, corruzione.

Come scrisse fratel Carlo è necessario credere alla santità e fondarsi sulla Parola, assimilandola quotidianamente. Allora potremmo dire che 
la forza della Chiesa sta nella santità dei fedeli, nell’amore per la Parola e nella predilezione per i poveri.

In linea con queste tematiche Franco Miano ha evidenziato l’importanza per i cristiani di essere dentro il mondo contemporaneo, dentro la vita delle persone, di saperne leggere i tratti, le difficoltà, le aspirazioni (fratel Carlo ci ha infatti mostrato i due volti dell’essere dentro, sia negli anni dell’attività in AC, sia a Spello, periodo che non ha affatto rappresentato una sua “uscita” dal mondo). 
Ma per implementare ciò è fondamentale l’amore: la Chiesa cosa può essere se non la testimone dell’amore di Dio per gli uomini?. “Nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (GS1). Occorre dunque credere nella novità dell’uomo. Quest’Uomo nuovo è infatti Cristo, ed Egli ci invita a guardare e valutare i segni dei tempi puntando anzitutto sul valore dell’unità.

Nella sessione di sabato mattina il tema affrontato è stato quello della pace, una delle parole più piccole, ma anche più abusate. Abbiamo ascoltato telefonicamente la testimonianza di padre Paolo Dall’Oglio, gesuita, sulla tragica e complessa situazione della guerra in Siria. Inculturatosi nel mondo arabo, ha seguito la scia tracciata da Charles de Foucauld, il beato che ci ha lasciato un’estetica del Vangelo, un modo di vivere Gesù di Nazaret, nella semplicità, nella condivisione quotidiana della vita, stabilendo un ponte con tutte le persone, anche i non cristiani. Questo “stile” è, per padre Paolo, l’unica via che permetterà alla Chiesa siriana di tornare a vivere dopo il duro e sanguinoso conto che essa sta pagando per aver appoggiato il potere (la dittatura quarantennale della famiglia Hassad).

Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace ci ha ragguagliato sul fatto che la pace è minacciata non solo nel mondo ma anche in casa nostra (il nostro Paese è tormentato e incerto sulle strade da intraprendere e sui valori da seguire, ha detto venerdì ad Assisi il nostro presidente della repubblica).

Il pericolo che si corre è quello di trovarci bloccati in questo pesante clima di chiusura in noi stessi…l’Italia è infatti come un braccio che si allunga verso l’Africa; ma la mano dovrebbe essere aperta non chiusa! Il primo passo per promuovere e diffondere la pace è allora quello di attuarla anzitutto a partire dalle nostra teste, cambiando quella mentalità che dà sempre priorità all’io rispetto al noi.

Paolo Trionfini ha concluso le relazioni approfondendo la tematica della pace in Carretto e chiarendo che egli non é stato un “pacifista”, ma è stato un cristiano, fedele alla beatitudine evangelica del beati i pacifici. Operò infatti una scelta di campo favorendo la rivolta partigiana pur senza abbracciare le armi, anche se nel periodo iniziale dei suoi incarichi in Azione Cattolica risentì della cultura e del linguaggio militaresco del periodo. Ma poi scoprì il Dio del mistero e della croce, scoprì che attraverso il Calvario la pace passava nel cuore squarciato di Gesù, quindi una pace che si dispiegava nella discesa del Figlio dell’Uomo che si è offerto come vittima. Dunque la ricerca della pace per Carretto è sempre stata una ricerca teologica, e il rigetto della violenza (rimetti la spada nel fodero) è anzitutto per morire a se stessi.

L’uomo, scriveva Carlo, fa la guerra perché ha paura, quindi la pace si trova promuovendo la fiducia ed eliminando la paura.

La pace di Gesù è ciò che ha cercato Carlo nell’arco di tutta la sua vita: che anche noi possiamo essere degli operatori di pace e seguire le orme di Colui che messaggero di lieti annunzi annunzia la pace, 
messaggero di bene annunzia la salvezza e dice a Sion: «Regna il tuo Dio».

 

Fratel Giovanni Marco