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La festa liturgica dell’evangelista san Luca ci sembra l’occasione propizia per ricordare a chi già lo sa, e per informare molti altri, a cominciare dai nostri carissimi amici, che all’Abbazia del Goleto vi è una stupenda chiesetta sopraelevata dedicata proprio all’evangelista che Dante Alighieri ha definito lo «scriba mansuetudinis Christi».


Pur non potendo ricostruire con precisione la storia generale del complesso abbaziale, ma tenendo conto degli studi realizzati da persone competenti, e soprattutto grazie a una scritta che ha attraversato i secoli, possiamo affermare che la suddetta cappella fu costruita sotto il governo delle abbadesse Marina II e Scolastica, tra gli anni 1247 e 1255. I lavori ebbero inizio nel 1247 e doveva accogliere le sacre reliquie di san Luca, probabilmente donate dall’imperatore Federico II.

Tra gli studiosi che si sono cimentati nel delicato compito di ricostruire la storia del Goleto, ricordiamo lo storico dell’arte francese Émile Bertaux, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, che al momento di visitare il complesso monumentale ne rimase affascinato tanto da definire la cappella di San Luca «un gioiello di sveltezza e di felici proporzioni». Il Bertaux ebbe anche il merito di aver individuato per primo il forte legame che intercorre tra la chiesetta di San Luca e l’ambiente culturale e artistico molto evoluto della corte di Federico II. «Nessun altro monumento del sud d’Italia, infatti, presenta legami così stringenti con quel monumento ineguagliabile che è Castel del Monte» (S. Nessi). Per descrivere i particolari del gioiello architettonico ci vorrebbe un esperto, oppure l’ideale sarebbe farci un salto e vedere con i propri occhi per credere!

SAM_4912 copiaAlla cappella di S. Luca – detta anche per la sua collocazione “chiesa superiore”, idea non sempre condivisa dagli esperti – si accede mediante una scalinata di pietra. Alla base del passamano è collocata una decorazione in pietra rappresentante un “vistoso” e lungo serpente con un pomo in bocca, particolare che colpisce subito il visitatore perché si ha l’impressione che si tratti di una raffigurazione dell’antico serpente, simbolo del tentatore, che scappa dalla chiesa. Ma si presta altrettanto a delle interpretazioni più svariate. Al di là del significato storico di questo particolare, cioè stabilire l’intenzione che l’autore dell’opera aveva – traguardo ormai difficile da raggiungere oggi – ciò che mi sembra importante è considerare che cosa può rappresentare per noi la chiesa di San Luca.

Tentando un’interpretazione posso immaginare che l’architetto conosceva senz’altro il «Vangelo della misericordia», cioè il contenuto del vangelo di Luca. Sapeva della grande novità: «Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, suscitando per noi una salvezza potente». La salvezza che si è realizzata, una volta per sempre, mediante la morte-risurrezione di Cristo, quella promessa fatta ad Abramo in favore della sua discendenza, «di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni» (Cantico del Benedictus, capitolo 1). E che dire del Magnificat di Maria: «Il Signore ha spiegato la potenza del suo braccio. Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili?».

Penso che sia importante tenere in grande considerazione il punto di vista storico, rispettare le varie tesi degli studiosi, ma se ci fermiamo solo a questo stadio ci troveremo di fronte a delle pietre morte, a un monumento dell’antichità. Credo invece che sia ancora più importante saper cogliere il significato generale e permanente: ci ricorda la vittoria di Dio sulle forze del male; e il significato per la singola persona: la lotta contro i propri mali (peccato, orgoglio, tentazione contro la fede) e contro i grandi mali che impediscono la pace e la giustizia. Ma trovandosi di fronte alla cappella di S. Luca al Goleto sono certo che ognuno potrebbe dire la sua!

Fratel Oswaldo

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