DSC_0006In questo periodo natalizio come lettura spirituale ho ripreso in mano il libro di papa Benedetto, L’infanzia di Gesù, e ancora una volta sono stato colpito dalla grande capacità dell’Autore nel far sprofondare il lettore nella bellezza dell’evento Gesù, bellezza per modo di dire perché dall’inizio alla fine emerge quel «segno di contraddizione» presente nel mondo.

1 cafarnao (5)Non è semplice coniugare gioia e paura, canti di giubilo e grida di dolore, vita e morte, allora come adesso. Davanti alla «furia omicida» di Erode e il «digrignare i denti» dei lapidatori del diacono Stefano non troviamo nessuna forza di opposizione ma dei bambini innocenti e un uomo che nel contemplare «i cieli aperti» prega per i suoi uccisori… Quel «Dio impotente» da molti incompreso e perseguitato e tuttavia personificazione dell’amore e della misericordia del Padre per tutti. Di fronte al pullulare di gesti e atti violenti, fisici ed ideologici contro la fede e contro le persone (vedi persecuzione e martirio dei cristiani praticamente in tutto il mondo, divieto di canti natalizi e presepi in alcune scuole oppure la strumentalizzazione dei temi religiosi, avversione e rifiuto nei confronti dei profughi, ecc.), anche noi ci sentiamo di esprimere il nostro sgomento e allo stesso tempo la nostra fiducia nel regno che Gesù è venuto a instaurare.

E si fa fatica a comprendere le ragioni ultime di così tanta avversione nei confronti del regno di Gesù, che non è come i regni di questo mondo, ma «regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace (prefazio Cristo re dell’universo). Un regno che secondo alcuni è già finito o che ormai non abbia più nulla da dire agli uomini del nostro tempo. Ma il suo regno non avrà fine: «questo regno – scrive Benedetto XVI – diverso non è costruito su un potere mondano, ma si fonda solo sulla fede e sull’amore. È la grande forza della speranza in mezzo a un mondo che così spesso sembra essere abbandonato da Dio. Il regno del Figlio di Davide, Gesù, non conosce fine, perché in esso regna Dio stesso, perché in esso il regno di Dio entra in questo mondo. La promessa che Gabriele ha trasmesso alla Vergine Maria è vera. Si adempie sempre di nuovo».

In questo nostro mondo, così com’è, noi cristiani siamo chiamati a far riflettere quella luce che squarcia le tenebre e illumina i cuori di coloro che accolgono Gesù il dono del Padre. Essere cristiani – in modo particolare ascoltando frère Charles – significa vivere alla luce della Famiglia di Nazaret e con Gesù «crescere in età, sapienza e grazia, davanti a Dio e davanti agli uomini», anche se questo chi non è illuminato dalla grazia forse non riuscirà mai comprendere. Ancora, in questo mondo siamo chiamati a puntare in alto, a ricercare la felicità che potrebbe essere sinonimo di santità. Sappiamo che la felicità piena è un concetto astratto, tuttavia nella fede la cerchiamo e la riconosciamo negli eventi quotidiani. E di questa felicità papa Francesco ha pronunciato un discorso magistrale nella festa della Santa Famiglia che riporto perché troppo bello e merita di essere riletto:

DSC_0087Essere felici è trovare forza nel perdono, speranza nelle battaglie, sicurezza sul palcoscenico della paura, amore nei disaccordi. Essere felici non è solo apprezzare il sorriso, ma anche riflettere sulla tristezza. Non è solo celebrare i successi, ma apprendere lezioni dai fallimenti. Non è solo sentirsi allegri con gli applausi, ma essere allegri nell’anonimato. Essere felici è riconoscere che vale la pena vivere la vita, nonostante tutte le sfide, incomprensioni e periodi di crisi. Essere felici non è una fatalità del destino, ma una conquista per coloro che sono in grado di viaggiare dentro il proprio essere.
Essere felici è smettere di sentirsi vittima dei problemi e diventare attore della propria storia. È attraversare deserti fuori di sé, ma essere in grado di trovare un’oasi nei recessi della nostra anima.
È ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della vita.
Essere felici non è avere paura dei propri sentimenti.
È saper parlare di sé.
È aver coraggio per ascoltare un «No».
È sentirsi sicuri nel ricevere una critica, anche se ingiusta.
È baciare i figli, coccolare i genitori, vivere momenti poetici con gli amici, anche se ci feriscono.
Essere felici è lasciar vivere la creatura che vive in ognuno di noi, libera, gioiosa e semplice.
È aver la maturità per poter dire: «Mi sono sbagliato».
È avere il coraggio di dire: «Perdonami».
È avere la sensibilità per esprimere: «Ho bisogno di te».
È avere la capacità di dire: «Ti amo».
Che la tua vita diventi un giardino di opportunità per essere felice …
Che nelle tue primavere sii amante della gioia.
Che nei tuoi inverni sii amico della saggezza.
E che quando sbagli strada, inizi tutto daccapo.
Poiché così sarai più appassionato per la vita.
E scoprirai che essere felice non è avere una vita perfetta. Ma usare le lacrime per irrigare la tolleranza.
Utilizzare le perdite per affinare la pazienza.
Utilizzare gli errori per scolpire la serenità.
Utilizzare il dolore per lapidare il piacere.
Utilizzare gli ostacoli per aprire le finestre dell’intelligenza.
Non mollare mai ….
Non rinunciare mai alle persone che ami.
Non rinunciare mai alla felicità, poiché la vita è uno spettacolo incredibile!

fratel Oswaldo jc