Nasce nella tradizione antiochena. Sappiamo dagli Atti che ad Antiochia, dove avevano operato Paolo e Barnaba “i discepoli furono chiamati per la prima volta cristiani” (At 11,26). La tradizione attesta che suo primo vescovo fu Pietro, prima di recarsi a Roma. Altra grande figura, la gloria di quella Chiesa, è Ignazio, che gli orientali chiamano “Ignazio l’Illuminatore”. Dal 1445 tutti i patriarchi di Antiochia, ortodossi o cattolici, aggiungono il nome di Ignazio al proprio.

Il Concilio di Nicea (325) riconobbe Antiochia come patriarcato insieme a Roma e Alessandria. Antiochia, che si trovò al centro delle controversie teologiche, con il Concilio di Efeso (431) e poi con quello di Calcedonia (451), si frantumò in tre comunità ecclesiali: la Chiesa siro-orientale, la Chiesa siro-occidentale (monofisita) e la Chiesa melkita (calcedonese).

Il ramo che ci interessa é quello Siro-occidentale, che ebbe in Giacomo Baradeo (500 circa-578) vescovo di Edessa uno straordinario riorganizzatore e diffusore di quella comunità perseguitata dall’imperatore Giustiniano, favorevole a Calcedonia. Alla sua morte, il Baradeo, aveva consacrato decine di vescovi e migliaia di sacerdoti. La sua opera impressionò tanto che questa Chiesa in seguito venne chiamata anche Giacobita.

Non seguiremo la storia, abbastanza complicata di questa Chiesa che come le altre ha vissuto la conquista persiana prima e poi quella araba, l’arrivo dei crociati e i periodi di conquista e riconquiste bizzantine, ma ci limiteremo a sottolineare i passaggi che interessano i suoi rapporti con Roma, per poter comprendere come si é giunti alla Chiesa Siro-cattolica.

Il primo vero contatto tra la Chiesa Giacobita e la Chiesa cattolica avvenne nel periodo crociato ad Antiochia e Gerusalemme e questi rapporti amichevoli, fraterni, portarono ad importanti scambi culturali e ai primi contatti ufficiali con la Chiesa di Roma. Addirittura, nel 1237, il patriarca Ignazio III David tentò di portare la propria comunità nella sfera cattolica. Nel 1340 nel Sinodo provinciale di Cipro della Chiesa Siro-ortodossa parteciparono rappresentanti della Chiesa Romana. E al Concilio di Firenze i Siri di Mesopotamia sancirono l’unione con la bolla Multa et ad mirabilia (30 settembre 1444), ma risultò poco efficace. Nel 1600, grazie alla presenza ad Aleppo di Cappuccini e Gesuiti, che portarono al cattolicesimo un buon numero di siro-ortodossi della città si giunse alla consacrazione di un vescovo, nel 1656, nella persona di Abdul Ghali Akhiyan, un monaco convertito. Costui poi divenne patriarca nel 1666 e come tale fu riconosciuto anche dalle autoriíta turche. Il papa Clemente IX (1667-1669) gli inviò il pallio e la conferma della nomina nel 1667. Nasceva così la Chiesa Siro-cattolica, detta anche Chiesa Siro-giacobita cattolica.

Il successore fu Ignatius Petrus VI Shaahbadin (1667-1702). Alla sua morte la sede rimase vacante fino al 1882 quando il Santo Sinodo siro-ortodosso elesse patriarca il vescovo giacobita di Aleppo Micael Jarweh. L’anno dopo egli, insieme ad altri quattro vescovi, passò al cattolicesimo. Pio VI (1775-1799) riconobbe il patriarca e la gerarchia siro-cattolica.

Da allora non c’é stata più interruzione nella serie dei patriarchi siro-cattolici, anche se hanno dovuto cambiare più volte sede. Dopo i massacri subiti tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo dalla Chiesa Sira, indipendentemente dalle sue denominazioni, e alla stregua della Chiesa Armena, la residenza patriarcale siro-cattolica si trasferì a Beirut in Libano, dove erano fuggiti la maggioranza dei fedeli sopravvissuti.

L’attuale patriarca di Antiochia dei siro-cattolici con sede a Beirut é Mar Ignatius Ioseph III Younan, alle cui cure sono affidati circa 170.000 fedeli residenti in Libano, Siria, Iraq, Turchia e diaspora.

IL PATRIARCA

Nato a Hassakè (Siria) nel 1945 é stato ordinato sacerdote a Beirut nel 1971. Ha studiato presso la Pontificia Università Urbaniana dove ha conseguito il dottorato in filosofia e in teologia. Prima rettore del seminario maggiore, poi parroco in Siria e negli Stati Uniti, fu consacrato vescovo nel 1995 per i siro-cattolici degli Stati Uniti e del Canada. Viene electo patriarca nel gennaio 2009. É il più giovane dei tre presidenti del Sinodo per il Medio Oriente. Gli altri due sono il cardinal Leonardo Sandri, prefetto per le Chiese Orientali e Anotnios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti.

Ignatius Ioseph III sicuramente in questi giorni farà sentire la sua voce forte nell’assemblea sinodale come l’ha fatta sentire in Iraq nell’incontro con il presidente al-Maliki nell’ottobre 2009 in difesa dei suoi e degli altri cristiani perseguitati e per chiedere giustizia per gli uccisi. Lo si rileva da un’intervista a Terrasanta nel numero di maggio-giugno 2010. Questi i punti principali toccati:

Cosa deve fare il Sinodo? “il Sinodo deve innescare una riflessione profonda sui mali che affliggono il Medio Oriente e che alimentano la tensione permanente nella quale vivono i cristiani, l’insicurezza e l’oppressione che sperimentano nei vari Paesi. Le sirene della globalizzazione e la presenza di parenti e amici oltre oceano esercitano un richiamo fortissimo sui giovani… Perchè dobbiamo vivere in questo modo? Ci chiedono”.

E ancora: “le mie aspettative sul Sinodo non sono diverse da quelle delle altre Chiese d’Oriente: vogliamo giustizia e il diritto di poter vivere e prosperare nei nostri Paesi dove siamo sì minoranze, come non cessano di ricordarci i nostri governanti, ma non minoranze importate. Eravamo lì prima dell’avvento dell’Islam, vogliamo poter ejercitare il diritto non solo di praticare il culto, ma anche di poter annunciare il Vangelo e di poter restare cristiani”.

Infine: “bisogna che le classi dirigenti musulmane… capiscano che svuotare il Medio Oriente dai cristiani é una sconfitta per tutti, innanzitutto per loro stessi e peri l loro futuro… Dobbiamo dire ai nostri fratelli musulmani la verità nella carità. Solo così possiamo sperare di entrare tutti insieme in una nuova era di pace”.

Per quanto reguarda il tema della comunione tra le Chiese, uno dei temi più importanti dibattuti al Sinodo, afferma: “come Chiese d’Oriente sappiamo di dover fare molto per aumentare la comuniones ecclesiale fra tutti noi: su questo c’é parecchio da lavorare”.

fratel Alvaro