Il rapporto con i poveri in parrocchia è una realtà molto particolare.

Da un punto di vista oserei dire “poetico”, da piccolo fratello, amerei potermi dire amico dei

poveri…e ancor più mi piacerebbe essere così definito almeno da alcuni di loro.

Avere almeno un “Lazzaro” (che significa: colui che Dio sostiene) come amico sarebbe una “raccomandazione” enorme per entrare nel Regno dei cieli dove ci precederanno le prostitute e i pubblicani e dove appena entrati troveremo il ladrone che ha già ereditato il paradiso secondo le parole di Gesù (c’è un affresco bellissimo sulla parete di fondo di una chiesa ortodossa in riva al lago di Galilea dove ad attendere le folle radunate fuori dalla porta del paradiso dietro a San Pietro che ha la chiave, ci sono il ladrone e i bambini).

“Fatevi amici con la ricchezza disonesta, perchè, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne” (Lc 16,9)…è chiaramente scritto che per entrare in paradiso saranno i poveri a “raccomandarci”; qui per trovare lavoro ci si rivolge a “potenti” di vario tipo…nel Regno di Dio funziona al contrario.

È chiaro che da un punto di vista teorico questo discorso lo condivido in pieno…ma praticamente?

Molto spesso chi bussa per chiedere qualcosa in parrocchia non lo guardi con occhi così benevoli e più che dire: “il Signore sta bussando alla mia porta”…dici: “chi è che rompe adesso?”; più che pensare all’accoglienza di Abramo ai tre angeli ti metti sulla difensiva; più che pensare che “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” (Mt 25,35) cerchi di non coinvolgerti.

In fondo le tattiche degli scribi e dei farisei della parabola del buon Samaritano non sono poi così lontane da quello che cerco di fare io in tanti casi.

Capisco che è un po’ triste, ma avverto una specie di muro tra chi è nel bisogno e bussa convinto di essere davanti a uno che siccome ha alle spalle il Vaticano ha certamente da aiutarti (e quindi non è propriamente interessato ad averti come amico nel senso vero del termine)…ed io che guardingo penso di avere di fronte uno che mi vuole solo “spremere” e non certo essere mio amico.

È possibile uscire da questo circolo vizioso? Credo di si! Spero di si! Voglio almeno illudermi che lo sia! Credo che l’amicizia possa costruirsi nel tempo e far crollare quei muri che sembrano impedirla.

Penso che la povertà più grande non sia semplicemente economica, ma culturale. Credo che l’abbattimento dei muri possa avvenire soprattutto restituendo una dignità alla persona indipendentemente da ciò che possiede: oggi infatti uno vale per quello che ha e non per quello che è. Tutti rispettiamo di più uno se davanti al suo nome può metterci qualche titolo, come se il nome non bastasse (a Lazzaro invece è bastato).

…Purtroppo oggi questa povertà culturale ci viene insegnata come modello di vita, perchè io penso che il suo vero nome sia “benessere”, “mito dell’uomo baciato dalla fortuna”, “mito del furbo”, “mito di quello che ci sa fare”…

Già nel 1956 don Lorenzo Milani scriveva: “Tetto e pane sono fra i massimi beni. Mancarne è dunque una delle massime miserie. Eppure l’uomo non vive di solo pane. C’è dei beni che sono maggiori del pane e casa e il mancare di questi beni è miseria più profonda che il mancare di pane e di casa. Questo tipo di beni chiamerò ora per comodità di discorso -istruzione-, ma vorrei che tu prendessi questa parola in un senso più largo, comprensivo di tutto ciò che è elevazione interiore.” (al direttore del “Giornale del mattino” di Firenze).

Constatava ancora don Lorenzo “che dopo secoli di educazione borghese che ha contaminato anche le classi più proletarie è ben difficile minuto per minuto nel passare veloce delle occasioni d’incontri umani star lì a perder tempo a far l’autocritica alle abitudini che tutti abbiamo” (a Corrado Bacci 27.12.1961).

Siccome a questi secoli se ne è aggiunto mezzo, la situazione è ancora più grave…ormai il modello del successo facile e dei soldi senza sudore è esteso capillarmente. Ho letto tempo fa un articolo di un giornalista che diceva che il voto berlusconiano (anche io sono fra quelli che si stupiscono dell’alto gradimento del premier) non è che un riflesso di un modello che invidiamo: quello appunto dell’uomo che ha fatto una fortuna!

Che fare?

Credo che la nostra conversione, ancor più che le nostre “opere caritative”, farebbe un gran bene all’umanità…e magari farebbe vedere che c’è un altro modello di uomo che è Gesù, che è l’uomo secondo il Vangelo, che poi è l’uomo autentico…quello che Dio aveva in mente.

Credo che frere Charles de Foucauld abbia vissuto questa proposta e nel deserto è andato a mani vuote, senza “opere”, ma cercando di portare Gesù….Convinto che portare Gesù fosse portare la salvezza attesa più o meno consapevolmente da ogni uomo. Convinto che quella “elevazione interiore” della quale parlava don Lorenzo abbia alla fine un nome preciso: Gesù!

fratel Gabriele