Charles de Foucauld arrivò a Nazaret nel 1897, fu accolto come ospite dalle Clarisse e si stabilì come un eremita «all’ombra del convento» per tre anni. Una tappa decisiva, questa, per il suo itinerario spirituale e anche per la nostra comprensione del suo messaggio spirituale.

Al centro della conversione di Charles de Foucauld, l’incontro personale con Gesù, vi è la scoperta/accoglienza della persona del Verbo incarnato, dopodiché non ha saputo fare diversamente che vivere solo per Lui. Colpito precedentemente dalla fede islamica nel Dio trascendente ed infinito, onnipotente, il più grande,a cui si deve sottomissione, egli scopre che l’Onnipotente si è fatto debole a Betlemme, a Nazaret e soprattutto al Calvario; l’Infinito si è fatto piccolo per la nostra salvezza; il Trascendente si è fatto carne per noi uomini, è diventato il più piccolo tra gli uomini, Colui che si sacrifica liberamente sulla croce, donandosi per amore, per la salvezza dell’umanità.

Recandosi fedelmente ogni mattina alla grotta dell’Annunciazione, Charles si lascia avvolgere dal mistero dell’Incarnazione. Nei suoi scritti – meditazioni e lettere – si intravede lo stupore, la gioia causata dalla contemplazione del mistero, in lui cresce la comprensione del Figlio unigenito e del suo modo sconvolgente di realizzare la volontà del Padre «per amore, solo per amore». È contemplando la vita del Figlio di Dio che Charles si avvia verso l’intuizione del mistero dell’amore trinitario. Con l’espressione «sei carità, mio Dio»egli comprende il mistero come comunione d’amore, altruismo: la natura di Dio è relazionale, è amore donato. Ma non basta frequentare la grotta dell’Annunciazione per instaurare un rapporto personale con Gesù. Il visconte de Foucauld – ora diventato frère Charles, il «piccolo fratello di Gesù» stabilitosi nel focolaio della sacra Famiglia – mette al centro della sua pietà l’Eucaristia, la meditazione del Vangelo e il mistero del sacro Cuore di Gesù. Trascorre lunghe ore ai piedi dell’eucaristia, nel silenzio adorante e lì medita, scrivendo, le pagine della sacra Scrittura, specialmente gli evangeli.

Meditando e contemplando la vita di Gesù, la sua kenosis(«Pur essendo di natura divina… si fece obbediente fino alla morte, e alla morte in croce»: Fil 2,6-11), la sua abiezione come Charles amava chiamarla, egli si appassiona soprattutto al lungo periodo di Nazaret: Gesù (che significa «Dio salva») non è salvatore solo quando muore sulla croce, ma in ogni momento della sua vita. Fin dal concepimento Gesù opera salvezza, come quando fa esultare Elisabetta con la semplice presenza di Maria che porta in grembo il Salvatore. Frère Charles crede che il massimo dell’abbassamento del Cristo è il martirio sul Golgota e per questo sogna e prega di poterlo un giorno ripetere; tuttavia, della vita di Gesù egli vede Nazaret come momento imitabile. «La vita di Nazaret» diventa il modello alla portata di chiunque, perché Nazaret non è solo il nascondimento, ma soprattutto la frequentazione assidua della Parola, poi la preghiera, il lavoro, la condivisione della vita con gli abitanti del luogo, l’amicizia, in una parola la quotidianità, così come lo è stato per la sacra Famiglia di Nazaret: «vivere l’ordinario della vita in modo straordinario».

Nel 1901, dopo l’ordinazione presbiterale, si imbarca per raggiungere il deserto del Sahara e là spende gli ultimi quindici anni della sua vita, inserito in mezzo alle popolazioni non cristiane, mediante la sola presenza: pregando, amando e soprattutto donandosi a Dio e a coloro che erano diventati i suoi amici, i Tuareg: «Scelgo questo luogo abbandonato e qui mi stabilisco, supplicando Gesù di benedire questo mio insediamento, dove voglio ispirare la mia vita al solo esempio della sua vita di Nazaret: mi conceda, nel suo amore, di convertirmi, di diventare come Lui mi vuole, di amarLo con tutto il cuore; amarLo, obbedirGli, imitarLo il più possibile in ogni momento della mia vita! Cor Jesu Sacratissimum… adveniat regnum tuum!» (Carnets de tamanrasset).

fratel Oswaldo jc